Archivio | novembre, 2014

Non è una holding internazionale

30 Nov

Partecipazioni Comune

Potrebbe esserlo, all’apparenza. Invece è solo la mappa delle partecipazioni del Comune di Roma.

Adesso sarà chiaro anche ai più ostinati detrattori di Marino il compito immane che il sindaco si è assunto per disboscare questa giungla dove negli anni si sono annidati costi, sprechi, interessi, inefficienze. Dove amicizie, parentele, connivenze, complicità si sono intrecciate saccheggiando le casse del Comune e sottraendo alla cittadinanza diritti e servizi.
C’è un vitale e urgente bisogno di trasparenza.

 

 

Grazie a Ennio Girimonte.

Repubblica, il sindaco Marino e il giornalismo fazioso. Una lettera aperta.

29 Nov

Cara Repubblica,

mi permetto di qualificarmi come tuo fedelissimo, avendo cominciato a leggerti ancor prima che uscissi in edicola. Esatto, hai letto bene: “prima”, e quando vorrai sarò lieto di spiegarti come e perché.
Ma non ti scrivo per questo. Oggi voglio manifestarti la mia profonda e amara delusione per la campagna che stai conducendo da qualche tempo e che stride con lo stile che ti contraddistingue da sempre: non mi riferisco alla critica – ci mancherebbe – ma all’approccio bilioso e immotivato con cui viene condotta.
Sto parlando delle notizie che riguardano il sindaco Marino e la sua giunta.

Sono mesi che alcune firme dell’edizione romana si cimentano in quella che ormai pare una gara a chi ne dice peggio: la giunta è a rischio praticamente ogni giorno, Marino appare come un incapace, il partito che dovrebbe appoggiarlo non vede l’ora di liberarsene, i romani non lo sopportano. Il tutto espresso con toni esageratamente acidi e talvolta condito addirittura con voci apertamente inconsistenti.
Intendiamoci, qualcosa di vero c’è in tutto questo: Marino ha diversi avversari, anche potenti (come chiunque rivesta un incarico), ha commesso i suoi errori (come altri umani), nel Pd ha nemici autorevoli (alquanto interessati), è inviso a molti cittadini (però si tace sui moltissimi estimatori). Ma, mi domando, possibile che non abbia fatto nulla di buono che valga la pena di commentare positivamente? Possibile mai che la ridicola vicenda della Panda rossa abbia meritato perfino la tua pagina nazionale (riempita in buona parte con foto e rimasticature di articoli precedenti a causa della scarsità di contenuti)? Possibile, insomma, che questo sindaco eletto solo 18 mesi fa, abbia combinato tali e tanti disastri da meritarsi l’ostracismo a priori, comunque e sempre, di un giornale del livello e del prestigio di Repubblica? No, non è possibile. D’altra parte non è neppure pensabile che nella redazione  del mio quotidiano preferito si sia insinuata una quinta colonna per oscuri motivi ostile al sindaco. Però… però il dubbio che ci sia qualcosa che non va resta, purtroppo. E ieri il dubbio si è ingigantito, ha preso corpo, è diventato quasi concreto.

Cosa è successo ieri? Ieri in prima pagina a destra c’era un titolo “Quattro miliardi in cinque anni ma Roma resta un fallimento”; occhiello: “La Ragioneria dello Stato: capitale in default nel 2008 da allora nulla è cambiato” (il neretto è mio). Autore dell’inchiesta (così viene annunciata): Federico Fubini. Ora devi sapere che una delle mie firme preferite, tra le tante tue, è proprio Fubini. Mi piace la chiarezza, la lucidità, la solida documentazione con cui supporta i suoi REP Fubiniarticoli. Per cui resto un po’ sorpreso: il senso è chiaro, nuvoloni minacciosi si annunciano sulla testa del sindaco. Ma cosa mai gli potrà essere imputato, stavolta? Così vado dritto a leggere e si apre una doppia pagina con due grandi foto al centro che riguardano il nubifragio avvenuto nel nord del Lazio, ma la loro presenza appare fuorviante, induce a ricordare i recenti allagamenti avvenuti in città (come se il maltempo fosse colpa del sindaco). C’è anche un’altra piccola foto: è di Marino, con una didascalia che non c’entra nulla: “Costi e servizi”. Cominciamo bene, mi dico, e leggo.

Fubini ricorda nella sua inchiesta i misfatti delle giunte e dei sindaci che si sono succeduti a Roma dal 2008 al 2013, riportando i dati di una Relazione della Ragioneria generale con cifre da far girare la testa e relative a sovvenzioni svanite nel nulla (si fa per dire, come ben sai la magistratura sta indagando su più fronti). Roba passata, quindi? No, facendo torto al suo talento ed al suo stile Fubini forza il pezzo inserendo un paio di commenti della suddetta Relazione che sembrerebbero imputare al sindaco Marino un comportamento criticabile tanto quanto quello dei suoi predecessori. A pochi mesi (giugno) dal suo insediamento, par di capire, Marino ne aveva già combinate tante da richiamare la severa censura degli ispettori.

E’ qui che ho avuto un soprassalto. Quella Relazione (si può leggere qui) è il documento redatto dagli ispettori della Ragioneria chiamati dallo stesso Marino pochi giorni dopo la sua nomina per una verifica amministrativo-contabile dei bilanci del Comune ereditati dal suo predecessore. Gli ispettori si insediarono a ottobre del 2013, la Relazione fu conclusa a gennaio di quest’anno e se non sbaglio divenne pubblica nell’ormai lontano marzo. Ma appare oggi, quasi fosse uno scoop, e tutto questo non si legge da nessuna parte. Verso la fine del pezzo, attira l’attenzione un virgolettato fuori testo : “Le responsabilità non sono solo del centrodestra. Ha colpe anche la giunta Marino”. Non avendo trovato questa frase nella Relazione, devo pensare che sia di qualcun altro. Fubini?

Ora, delle due l’una: o Fubini ignorava l’esistenza della Relazione, di quando fosse stata pubblicata e che l’ispezione da cui ha avuto origine era stata sollecitata da Marino stesso. Oppure lo sapeva e non ne ha tenuto alcun conto. Non vedo altre ipotesi e forse è meglio così.
Oggi, quasi a (parziale) riparazione è uscita un’intervista a Marino in cui egli chiarisce (anche a Fubini, voglio supporre) i fatti come si sono succeduti, fornisce dati sul debito, su quanto fatto finora per ridurlo, notizie sul programma svolto e su quello futuro. Meglio tardi che mai, anche se l’intervista non è annunciata in prima pagina e, purtroppo, non è disponibile nell’edizione in Rete.

Cara Repubblica, sai qual’è la sintesi di tutto questo? Stai attenta: io non sono un fanatico tifoso di Marino. Sono solo un normale cittadino che assistendo all’accanita quanto forsennata campagna contro di lui ne è rimasto indignato. Indignato in particolare da quanto alcuni esponenti del partito che dovrebbe sostenerlo stanno facendo per disarcionarlo o costringerlo ad essere più disciplinato, cioè prono alle indicazioni che lui dovrebbe seguire o ai loro personali obbiettivi; sono indignato per le difficoltà che sta cercando di creargli la ragnatela di interessi più o meno leciti che ha avvolto per anni questa città meravigliosa e che lui contrasta; indignato per quanto viene letteralmente inventato quasi ogni giorno contro di lui. Per questo sto dalla parte del sindaco.  Marino è stato eletto col 63% dei votanti romani: in ogni normale democrazia questo sarebbe più che sufficiente per  rispettare la volontà popolare, ma non qui da noi. Beh, una cosa è la leale opposizione, tutt’altro questo festival permanente dei coltelli alle spalle.  Io penso che sarebbe ora di cominciare a cambiar musica e per primi dovrebbero essere proprio gli organi di informazione. Schierandosi contro senza portare buoni motivi, o peggio, questi ultimi rischiano solo di apparire faziosi. E così perdere affezionati e fedeli lettori.

Con molti cordiali saluti, tuo
Piero Filotico

E può essere anche l’amore per un’idea, perché no?

28 Nov

 

 

https://m.youtube.com/watch?v=smRGh_6GuW0

 

 

Grazie ad Anna Ascani.

Per un rapporto nuovo tra politica e società civile

28 Nov

Al Teatro Quirino si sta svolgendo un convegno su questo tema:
Libero confronto di idee, proposte, contributi promosso dal Partito Democratico di Roma.
Tra i molti interventi sulla situazione e sul futuro della città di Roma, questo di Anna Maria Bianchi di Carteinregola mi ha colpito per la lucida analisi circa il rapporto esistente tra le due parti in causa, la politica e la società civile e quale percorso può riportarle su un piano di reciproca fiducia. Ci sono stati in particolare due passaggi che mi hanno colpito molto positivamente. Questo il primo:

Ma i partiti, soprattutto del centrosinistra, hanno cominciato, e continuano,  a perdere la  fiducia della gente  quando si verificano delle precise condizioni.
Quando non si sceglie più di fare una battaglia perché è giusta, ma la si fa solo se è anche conveniente. O quando si rinuncia a fare una battaglia che si ritiene giusta perché il partito non la ritiene conveniente. E soprattutto quando si scambiano per battaglie giuste operazioni sbagliate, contrabbandando per interesse pubblico quello che a un’attenta analisi potrebbe rivelarsi molto più privato.

Detto in parole povere, le due parti si allontanano tutte le volte che il potere delegato non risponde agli impegni presi con il popolo che gli ha dato la sua fiducia. E troppo spesso, negli ultimi venti-trent’anni, il primo ha mancato clamorosamente, mentre il popolo, la società civle rincorreva nuovi modelli di benessere senza chiedere mai un rendiconto.

E questo il secondo:

Chiediamo agli uomini e alle donne del Partito Democratico – ma lo faremo con i militanti di tutti gli altri partiti che manifesteranno il loro interesse – di lavorare per riportare questa città nel perimetro delle regole e del primato dell’interesse generale. Se ci riconosciamo tutti in questa stella polare, le nostre bussole non possono che condurci sulla stessa strada, da percorrere – pur nella diversità dei ruoli e delle convinzioni – all’insegna del confronto e dello scambio. E’ una sfida difficile, ma l’unica possibile. E questa città si merita il tentativo.

Condivido l’appello e sono fiducioso. Paradossalmente ci sono molte più ragioni perchè venga raccolto oggi, che la crisi morde e incalza crudelmente, che quando la vita e le prospettive sembravano sorridere per sempre. Oggi è il momento della solidarietà, dello stringersi spalla a spalla, della condivisione. Altrimenti non avremo vie d’uscita.

Più sotto, l’intervento integrale.AM Bianchi Quirino (2)

Non siamo un’associazione, non siamo una rete, nè un coordinamento che rappresenta dei comitati, ma un laboratorio. Una trentina di persone provenienti da reti  e comitati cittadini (130), ma anche singoli, che lavorano insieme sulle regole. Rispetto a tante altre realtà cittadine abbiamo due caratteristiche “originali”. La prima: rappresentiamo un campione di umanità piuttosto eterogeneo, che farebbe la gioia dei sondaggisti. Proveniamo da varie parti di Roma, siamo cittadini attivi per i motivi più disparati, siamo diversi anche per percorsi professionali,  estrazione sociale  e storie personali. Ci sono tra  noi esponenti di comunità territoriali, professori universitari, operatori dei mercati rionali, architetti, membri di comitati di quartiere, botanici, rappresentanti di reti di associazioni che si occupano di mobilità, legalità, diritti, ex manager,  Cittadinanzattiva Lazio e molti altri. La seconda: non ci occupiamo di un territorio specifico, o di problematiche specifiche, su cui lavorano i comitati e gruppi, ma  di temi che riguardano in generale l’interesse della città, soprattutto quelli di cui troppo spesso nessuno si preoccupa perché non vanno a toccare interessi specifici di categorie e di gruppi di cittadini.

LE REGOLE E L’INTERESSE PUBBLICO Al centro del nostro lavoro  – che consiste nell’affrontare problemi ma anche avanzare proposte – ci sono  le regole uguali per tutti, regole che sono la condizione indispensabile per la vita democratica della città, ma che per noi non sono sufficienti. Basti citare la metafora della democrazia americana, sempre utile per capire i rischi di una mera regolazione  dell’esistente: un cortile dove pulcini ed elefanti hanno lo stesso diritto di giocare. Noi siamo per una politica della città che si fonda sulle regole, sulla legalità e sulla partecipazione dei cittadini, orientata al primato dell’interesse pubblico e della tutela dei più deboli, senza il quale il ruolo della politica e dell’amministrazione rischia di ridursi  a semaforo che regola il traffico dei tanti interessi particolari, senza imprimere alcuna direzione verso una prospettiva  migliore per tutti.

IL DIFFICILE DIALOGO  CON LA POLITICA E proprio questo è il nodo che pensiamo  abbia  allontanato i cittadini dalla politica, creando un clima generalizzato di sfiducia verso le istituzioni e anche verso i partiti.  Secondo un sentire diffuso, con cui ci confrontiamo ogni giorno, nelle istituzioni  e nei partiti  prevale sempre più una logica condizionata dagli interessi dei  potentati economici e  delle lobbies, o da più modesti calcoli  di  consenso elettorale, o dalle  competizioni dentro e fuori gli schieramenti. Mentre   è stata quasi definitivamente archiviata  quella che avrebbe dovuto essere la loro vocazione naturale,  lo  stimolo verso un’evoluzione permanente per attuare  i valori della nostra Costituzione, a partire dalla  giustizia e dall’ equità sociale. Una politica in cui non si distinguono più molto le differenze ideologiche, che vede tutti i partiti accontentarsi di   una mera gestione dell’esistente, troppo spesso su fronti che hanno ben poco di interesse pubblico e molto di profitto privato.

Non vogliamo con questo idealizzare la società civile, che a sua volta è un magma indistinto  in cui si possono trovare gruppi animati da autentico senso civico, insieme a raggruppamenti più o meno momentanei  di cittadini tesi a raggiungere uno scopo preciso, spesso senza porsi alcuna domanda  rispetto ai diritti di altri e  agli interessi generali (la cosiddetta sindrome Nimby, in realtà meno diffusa di quello che si crede), e anche – bisogna dirlo  – tanti comitati che con  facciate di società civile mimetizzano gruppi animati o promossi da esponenti politici. Ne abbiamo avuto un esempio nella recente manifestazione contro il degrado e l’immigrazione  “fuori controllo”, lanciata  anche da  organizzatori  di ronde ed ex consiglieri di destra  – come noi stessi abbiamo scoperto e segnalato – ma conosciamo altrettanti esempi di associazioni “civiche” in realtà “sponsorizzate” da politici di sinistra.

Questo testimonia  che anche nei partiti c’è consapevolezza della diffidenza che i cittadini hanno verso chiunque si presenti con un’etichetta politica. Eppure ci sono stati tempi in cui la situazione era ben diversa, in cui i militanti dei partiti – soprattutto nelle formazioni della sinistra –  erano in prima linea sul territorio, a battersi per i diritti delle persone, discutendo e riflettendo sulle linee da seguire,  ma impegnandosi anche per trovare  soluzioni concrete ogni giorno. E lo facevano perché credevano  nella possibilità di costruire un mondo, una città, un quartiere migliore. C’erano anche allora conflitti e distanze, ma riguardavano la visione politica  e  anche degli interessi,  che però  venivano sostenuti a viso aperto.

Quando è incominciata la divaricazione  tra partiti e società civile? Di certo non è un  fenomeno imputabile solo alla cosiddetta modernità, come dice qualcuno. E’ vero che oggi è difficile vivere, ed è difficile trovare del tempo per impegnarsi in qualcosa che non siano i problemi  più urgenti e necessari, come  trovare o  conservarsi un lavoro, pensare alla famiglia, sopravvivere. Lo vediamo anche noi, con i comitati: non c’è il “pienone” quando si tratta di dedicare del  tempo a difendere un diritto che non sia più che indispensabile.

Ma i partiti, soprattutto del centrosinistra, hanno cominciato, e continuano,  a perdere la  fiducia della gente  quando si verificano delle precise condizioni.

Quando  non si sceglie più di fare una battaglia perché è giusta,  ma la si fa  solo se è anche conveniente. O quando si rinuncia a fare una battaglia che si ritiene giusta perché il partito non la ritiene conveniente. E  soprattutto quando si scambiano per battaglie giuste operazioni sbagliate, contrabbandando per interesse pubblico quello che a un’attenta analisi potrebbe rivelarsi molto più privato.

Come le tante decisioni prese in nome della difesa dei “posti di lavoro”. E’  un mantra  che ormai accomuna destra e sinistra, ma che a nostro avviso non può essere un valore assoluto, deve essere inserito in un sistema di priorità, di cui fanno parte  altri valori/diritti  irrinunciabili, come l’assistenza sociale, la salute, la tutela dell’ambiente e del nostro patrimonio collettivo.  In una situazione di penuria di risorse, la scelta tra il mantenimento di  un’amministrazione pubblica elefantiaca, a costo di tagliare l’assistenza agli anziani o ai disabili, non può essere scontata. Ma soprattutto i “posti di lavoro” sono spesso diventati l’”argomento principe” per derogare a normative, diminuire vigilanze, fare eccezione alle regole, con il fine di incentivare qualche settore economico in crisi, come se ciò comportasse automaticamente un beneficio anche a chi lavora. Ma così non può funzionare: ogni scelta politica deve essere guidata da un unico criterio: l’interesse pubblico.  Interesse di cui fa parte anche lo sviluppo economico,  che però deve essere raggiunto con una strategia efficace e dimostrabile, in cui si valutano vantaggi e svantaggi per la collettività, si verificano i numeri, le ricadute. E soprattutto si tutelano, oltre ai posti di lavoro, la qualità della vita dei cittadini e la bellezza del nostro patrimonio collettivo.  C’ è  stato un tempo in cui  un bel pezzo di sinistra difendeva le centrali nucleari perché davano  lavoro agli operai. Poi c’è stato Cernobyl, e sono cambiate tante cose, anche se il rischio di tornare indietro è sempre dietro l’angolo.

PARTECIPARE TUTTI A Roma c’è bisogno di partecipazione. Questo è il senso di tante proteste e di tante proposte che spesso non vengono considerate. Non è soltanto una questione di quantità, ma anche e soprattutto di qualità: un processo di partecipazione di cattiva qualità non può che contribuire ad allargare la frattura evidente che esiste tra politica e società civile. Noi ci siamo dati l’obiettivo di un regolamento generale sulla partecipazione come elemento fondamentale di una politica nella quale la collettività possa riconoscersi e che non sia riservata esclusivamente ai professionisti. Per questo abbiamo scelto di partire da delle linee guida che fissano un insieme di principi ai quali dovranno fare riferimento gli specifici regolamenti della partecipazione di Roma Capitale e dei suoi Municipi (e, in prospettiva, anche dell’Area metropolitana). Una sommatoria di richieste di ascolto caso per caso non è vera partecipazione, ma è la prima linea della partecipazione, quella più immediata. Noi che in prima linea ci siamo, abbiamo scelto di andare anche più in profondità, perché i mille problemi della quotidianità devono essere affrontati nell’immediato, ma anche con una visione strategica, senza la quale non ci sarà un cambiamento sostanziale del nostro modo di vivere come comunità. In questo percorso dobbiamo essere in tanti. E su  questo contiamo anche sul vostro impegno.

PER UN RAPPORTO NUOVO TRA POLITICA E SOCIETA’ CIVILE Due anni fa, noi  di Carteinregola siamo stati i promotori di un  presidio durato 4 mesi in Campidoglio  contro le famose 64  delibere urbanistiche di Alemanno. Di molte delibere non ne sapevamo abbastanza,  ma di alcune sapevamo tutto,  e non riuscivamo a capacitarci della solitudine in cui ci trovavamo a combattere  una battaglia che aveva come unico obiettivo l’interesse pubblico.  In realtà qualche aiuto l’abbiamo avuto, qualcuno del centro sinistra e, bisogna dirlo, anche qualcuno del centrodestra.  Ma pochi. E questo non deve più accadere. Siamo qui per chiedervi di ricostruire un rapporto di fiducia reciproca partendo da quello che  abbiamo in comune.  Chiediamo  agli  uomini e alle donne del Partito Democratico – ma lo faremo con i  militanti  di tutti gli altri partiti che manifesteranno il loro interesse –  di lavorare per  riportare questa città nel perimetro delle regole e del primato dell’interesse generale.  Se ci riconosciamo tutti in questa stella polare, le nostre bussole non possono che condurci sulla stessa strada, da percorrere – pur nella diversità dei ruoli e delle convinzioni  –  all’insegna del confronto e dello scambio. E’ una sfida difficile, ma l’unica possibile. E questa città si merita il tentativo.

laboratoriocarteinregola@gmail.com

Quanto costa una pizza con Blair?

27 Nov

L’ex-primo ministro inglese è uno dei conferenzieri più pagati del mondo, tanto da essersi guadagnato il soprannome di Blair Force One”. Un anno fa, in un servizio sui proventi da conferenze di personaggi noti, TGcom scriveva:

Basta saper parlare che piovono soldi. Vince su tutti Tony Blair che si aggiudica, secondo quanto scritto dal Daily Mail, circa tremila euro al minuto. Una cifra stratosferica ma reale se si pensa che a Dubai l’ex premier ha tenuto due interventi durati un’oretta. Insomma bazzecole quei 180 mila euro in solo un giro d’orologio. Facendo una stima rapida, il tabloid inglese ha calcolato la fortuna di Blair intorno ai 60 milioni di euro. Oltre a questo, ogni volta che si sposta gode di tutti i comfort: dai voli su un jet privato, ai soggiorni negli hotel più lussuosi del mondo, per lui e i suoi collaboratori.

Italian Prime Minister Matteo Renzi meets former British Prime Minister Toni Blair

Se le cose stanno così, quanto ci sarà costata – a noi contribuenti – la cena con pizza offertagli da Renzi a palazzo Chigi?
🙂

Sull’astensione: Serra e Barca

25 Nov

Michele Serra, oggi su La Repubblica.

Michele Serra, oggi su La Repubblica.

L’astensione dal voto è l’argomento del giorno. Non è un problema secondario, è “il” problema, è la cartina di tornasole che svela il disagio, la rabbia, la protesta, il rifiuto dei cittadini a proseguire nel rapporto con una classe politica che non percepiscono più come rappresentante delle proprie istanze.

Proseguendo su questa strada non avremo una problema ma un dramma. E quella di domenica è solo l’anteprima, perchè quando la stragrande maggioranza degli elettori rifiuta l’esercizio del diritto principe in una democrazia c’è un segnale deciso e allarmante. E non vale ricordare che in Gran Bretagna o altrove vota il 30% dei cittadini: come ben dice Fabrizio Barca nel suo blog, non possiamo mettere a confronto l’Italia con quelle nazioni dove il sistema Stato funziona e dove i rappresentanti in Parlamento non solo sono selezionati dagli elettori, ma sono anche soggetti all’accountability, cioè alla verifica a fine mandato della loro attività.
E soprattutto “…si prenda di petto il tema di ricostruirli, questi benedetti partiti. Il PD ha l’occasione di farlo“.

AGGIORNAMENTO.
Matteo Renzi ha annichilito l’elettorato più fedele che l’Italia abbia mai conosciuto: quello di Sinistra. Lui, con i suoi accondiscendenti accoliti, ne ha smontato pezzo dopo pezzo tutti i punti di riferimento. Lui, coi suoi riciclati, indagati, condannati, ne ha spezzato la volontà di immaginare un Paese migliore. Il Paese non risponde più. E’ democraticamente morto, perché ne rifiuta gli strumenti di partecipazione elettorale.“
Condivido buona parte di questo post di Enrico Pazzi, e non solo perché, guarda caso, usa praticamente le stesse parole del mio post di ieri. 🙂

Potrebbe sempre andare peggio

25 Nov

Mio nonno, un solido veronese che aveva fatto due guerre mondiali, quando le cose si mettevano male diceva: “potrebbe sempre andare peggio“. Molti anni dopo ho capito che oltre alla funzione scaramantica la frase era anche l’espressione di una irriducibile volontà di resistenza in uno che davvero ne aveva viste di tutti i colori. Mi è tornata alla mente oggi, di fronte alla clamorosa astensione dal voto nelle  elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria. Poteva andar peggio, mi son detto, complice il mio inguaribile ottimismo.

Poi ho guardato all’istantanea che questo non-voto rappresenta. Un Paese rassegnato e sconfitto. Uno schiaffo alla classe politica. Come se l’elettorato, i cittadini, il popolo avesse detto ad alta voce alla casta: ah, volete continuare a fare come vi pare? Non ascoltate la nostra voce? Respingete le più elementari regole del vivere civile e della democrazia? Ignorate le nostre legittime richieste, i nostri diritti? Va bene, allora vi lasciamo fare. Anzi, vi lasciamo.

Perfino la protesta populistica di Grillo esce battuta ed è forse, oltre all’ascesa della Lega, il segnale più evidente della sfiducia  mista a protesta dei cittadini. Il potere politico ha fatto di tutto per dare il peggio di sé: scandali, corruzione, incapacità, errori, sul piano locale come su quello nazionale. Sempre nella totale indifferenza per l’elettore.  Per cui non c’è da meravigliarsi se ci si compiace della vittoria comunque raccolta, ancorché basata su percentuali di voto che sarebbero ridicole se non fossero, al contrario, preoccupanti.  Infatti, come se non bastasse il tweet del mattino, Renzi ha ribadito che l’astensione è “un problema secondario”.
Renzi tw
Il camaleontismo di Renzi non dovrebbe più meravigliare, eppure , come ha acutamente ricordato Antonio Sicilia, fa un certo effetto risentire quanto dichiarava  all’indomani delle elezioni siciliane di due anni fa.

Ora, io non voglio metterla giù pesante e cominciare a citare il Titanic (tanto l’ha già fatto più d’uno), ma certo qualche colossale e minaccioso iceberg nella notte che ci avvolge si sta avvicinando. Secondo questo prospetto (grazie, Nando Longoni) il Pd ha perso 300.000 voti tra le due consultazioni regionali. Ma si può essere sicuri che siano tutti voti targati Pd o la diaspora è ancora maggiore ma non visibile, in quanto rimpiazzata da voti provenienti dal centro e dalla destra?

Elezioni regionali 23 11 14
Alessandro Gilioli, con cui spesso concordo, infatti la vede così:

“…se il centrodestra e il centrosinistra sono ormai indistinguibili per proposta politica; se a sinistra del centrosinistra non c’è niente, come rappresentanza; se a destra del centrodestra c’è invece Salvini; e se infine il Movimento 5 Stelle da un anno e mezzo corre come un criceto sulla ruota; beh, francamente, se accade tutto questo non mi pare questa gran sorpresona il fatto che in pochi abbiano voglia di andare a votare”.

L’analisi di Gilioli chiude poi con una fosca previsione (tutt’altro che fantasiosa, però):

“…chissà se non capisce [Renzi] o fa finta di non capire come stanno le cose, e chissà se farà i caroselli anche quando il Pd avrà il 60 per cento del 20 per cento degli italiani.
Cioè, di questo passo, tra un paio d’anni”.

Qualcuno mi faceva notare che il nostro Macchiavelli reincarnato sarebbe felice di questa prospettiva, potendo così contare sul 60% dei parlamentari. Nonostante tutto, io auguro invece a Renzi di rendersi consapevole quanto prima che con questo tasso di astensione il suo destino sarebbe quello di un leader dimezzato, non potendosi mai identificare come il Presidente della maggioranza degli elettori. In altre parole, se Renzi tiene al futuro dell’Italia (dopo il proprio, ovvio) non dovrebbe esultare davanti  alla prospettiva dell’80% di rifiuto del voto. Sarebbe la bocciatura sua e di tutto il sistema,  la bancarotta delle istituzioni, il Paese allo sbando senza motivazione e senza volontà. E che se ne farebbe allora del 60% dei parlamentari?

Un paese dove vota solo il 20% è un Paese sconfitto, senza volontà, dove vince la rassegnazione. E’ un paese morto. Ma soprattutto sarebbe un paese dove l’80%  respinge o ignora il suo leader (che per un tipino come Renzi forse è pure peggio). Se quindi ne è consapevole, Renzi farà/dovrà fare qualcosa per cambiare e dobbiamo solo augurargli buona fortuna.
Se non lo è – o se ne frega – peggio per lui e, purtroppo, per tutti noi.
E stavolta mio nonno avrebbe torto.

Noi che non eravamo vere signore

22 Nov

Essere Sinistra

celeste def Immagine dalla pagina Facebook Soffia ancora il vento

di Celeste INGRAO

Una cosa sola voglio dire in risposta alle cretinate di Alessandra Moretti.

Non siamo mai state austere e rigide e non abbiamo mai pensato di doverci mortificare. Siamo state allegre, appassionate, trasgressiva, arrabbiate.
Ci siamo messe gonnellone a fiori, zoccoli, sciarpe, camicie di pizzo, minigonne. Magari anche quando, secondo i canoni, non ci stavano proprio bene: era anche quello un modo di affermare la nostra libertà. Perché quello soprattutto ci interessava: non “piacere” a tutti i costi ma affermare la nostra libertà.

Alcune fra di noi erano belle, molto belle, altre carucce, alcune bruttine. Alcune ci tenevano all’eleganza, altre se ne fregavano. Alcune frequentavano l’estetista, altre si limitavano a una cremetta da supermercato.
Ci siamo prese cura di noi ognuna a suo modo, nel modo che ci pareva più giusto per stare bene con noi stesse. Abbiamo patito e…

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Luisa Todini, giù le mani da Renzi!

20 Nov

Stavo leggendo l’intervista di Repubblica a Luisa Todini a proposito delle sue dimissioni dal CdA RAI e ho fatto un salto sulla sedia. Ricorrendo ad un meschino Todiniespediente retorico, la Todini avanza un intollerabile tentativo di accaparrare al centrodestra il segretario del Pd.  Ricordandole che è stata nominata presidente di Poste Italiane da Renzi, le viene chiesto se sia diventata renziana. Questa la risposta (il neretto è mio):

“Io sono uscita dai partiti da tempo, appartengo ad un’area liberale e credo che anche Matteo Renzi sia in fondo un liberale. Lui fa una politica liberale, basta vedere come affronta i sindacati.”

Ma come si permette?
Renzi è del PD, eccheccazzo.

La questione morale (sempre lei)

20 Nov

” Non sono io un giustizialista, sei tu che hai quattro processi in corso”.
Michele Serra super, oggi.

Politica per Jedi

Un blog sulla politica. Mi trovate su @politicaperjedi e su @politicaperjedi.bsky.social

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L'Europa, la Gran Bretagna, l'Italia, la sinistra e il futuro...

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gli indomabili di Marconi. Zero sconti.

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(Cit. del Generale Aung San, leader della indipendenza birmana)

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