Tag Archives: unioni civili

Michela Marzano: la coerenza e l’integrità (e il Pd)

14 Mag

“Credo che l’integrità e la coerenza siano valori che la politica, se vuole veramente recuperare la fiducia dei cittadini, dovrebbe cercare di rivalutare.”

Questa splendida frase di Michela Marzano, racchiusa nel suo commento su Facebook all’Amaca di Michele Serra, spiega tutto. Spiega il disorientamento (se non il disgusto) di tanti elettori, il loro rifiuto, la protesta, perfino il qualunquismo. La politica, in questo nostro povero Paese, non è più, da tempo, il momento più alto e nobile della civitas, cioè della vita della comunità: per troppi è ormai – in Parlamento come in un Consiglio comunale, sul piano nazionale come su quello locale, cioè – un’opportunità da sfruttare, l’esatto opposto del concetto di disinteressato servizio per il bene comune su cui essa politica è da sempre fondata.
Ecco perché il gesto di Michela Marzano mi dà nuova fiducia: finché ci saranno persone così c’è speranza.

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Michela Marzano
La mia risposta a ‪#‎MicheleSerra‬ ‪#‎unionicivili‬ ‪#‎PD‬
Caro Michele Serra, hai ragione che i tempi del renzismo sono febbrili (nel bene e nel male), ma forse il tempo della discussione possiamo prendercelo non credi? È per questo che, prima ancora di cercare di risponderti, ti ringrazio per

l’opportunità che mi dai oggi con la tua «Amaca» di iniziare un dibattito che può, quindi, anche non essere solo ipotetico. È vero, e hai ragione nel ricordarlo, che ho parlato di «coerenza» per spiegare la mia uscita dal Gruppo Parlamentare del PD dopo l’approvazione delle legge sulle unioni civili – che continuo a reputare importante e necessaria, ma non sufficiente e, sul capitolo dei bambini che continuano a essere penalizzati in ragione dell’orientamento sessuale dei genitori, proprio brutta. La coerenza cui però ho fatto riferimento, non è tanto o solo « con me stessa ». Se fosse questo il problema, sarebbe stato poco interessante, anzi banale. « I am not that important » mi disse un giorno un amico, e credo che sia vero per chiunque di noi. La coerenza che mi interessa, è quella con gli ideali etici e morali che giustificano – o dovrebbero giustificare – l’impegno in politica. E quindi soprattutto la coerenza con l’uguaglianza di tutte e di tutti. Un’uguaglianza che resta, almeno per me, la stella polare della sinistra. Un’uguaglianza che non si può sempre e solo MichiserraMarzano invocare, prima di continuare a trattare alcune persone come « meno uguali » rispetto alle altre La politica, scrivi giustamente, non ha come parametro il sé, ma la società. Ma è proprio la società che avevo in mente quando ho parlato di coerenza. Non è un caso che abbia citato nella mia lettera di dimissioni Jean Guehenno e il suo invito a « non seguire il mondo come va ». Il mio gesto, in fondo, è solo questo: una testimonianza del fatto che si può, e talvolta si deve, non seguire il mondo come va. Credo che l’integrità e la coerenza siano valori che la politica, se vuole veramente recuperare la fiducia dei cittadini, dovrebbe cercare di rivalutare.
PS: visto che parli di «fatica» e «dolore» mi permetto di parlare del dolore e della fatica di questa mia scelta. Dal gelo che mi ha accolto ieri in Aula, dove in tanti hanno smesso non solo di salutarmi, ma anche di guardarmi negli occhi, alle tantissime mail di chi, invitandomi a tornare a Parigi, mi hanno dato dell’ingrata, dell’arrogante o della poveretta (e tralascio gli insulti o le minacce, che non meritano nemmeno di essere citate). Ma va bene così. In fondo, sono stata io a scegliere di non seguire il mondo come va, no?

 

Unioni civili: un’altra umiliazione

26 Feb

Altan PEGGIOL’umiliazione della comunità LGBT, ancora una  volta mortificata, l’umiliazione di chi esulta per la presunta vittoria  (consapevole che è, al massimo, un compromesso con un ministro che si è permesso di parlare “rivoluzione contro natura”), l’umiliazione del Pd e del suo segretario, che ha dovuto accettare una legge che ci lascia ancora indietro nel mondo civile e financo i voti di Verdini, ma ciononostante si permette di  definirla “fatto storico”.
Trovo il commento di Dario Accolla su Il Fatto assolutamente centrato e lo ripubblico. Ci vediamo il 5 marzo, qui a Roma.

Unioni civili, vittoria o sconfitta?

Unioni civili approvate. Il maxiemendamento voluto dal governo è finalmente passato al Senato. Molte sono le sensazioni che agitano il mio animo, troppo contrastanti i sentimenti. Proverò ad andare per gradi, cercando di fornire il mio punto di vista su tutta la questione.

Vittoria o sconfitta? Né l’una né l’altra. È vero, finalmente dopo anni e anni, le coppie gay e lesbiche possono avere diritti minimi, sul piano assistenziale, previdenziale e successorio. Ma viviamo nel paradosso per cui, per sanare una discriminazione, se ne è sancita un’altra: quella contro le famiglie arcobaleno. Non riesco a gioire se penso che i figli della mia amica Alessia e la sua compagna o quelli di Dario e Andrea non hanno, agli occhi dello stato, la stessa legittimità di tutti gli altri. Siamo l’unico paese che non fa esultare la comunità Lgbt per cui legifera. Ieri, fuori dal Senato, nessuno festeggiava. La sensazione era, invece, di costernazione. Come se dovessimo interrogarci sulle ragioni di una felicità che stenta a decollare e di una rabbia che non trova pacificazione. Bisognerà lavorare ancora e a lungo per arrivare alla piena uguaglianza. Si sa solo questo.

La delusione dei movimenti estremisti cattolici, poi. Ieri mattina, a un certo punto, proprio di fronte al Senato c’è stata una conferenza stampa con Gandolfini, il patron del Family day,Filippo Savarese, leader di Manif pour tous, e l’immancabile Adinolfi. Mi è venuto spontaneo commentare, su Twitter, citando il famoso libro Cinquanta sfumature di grigio. Ovvero le tonalità che assumevano i loro volti, man mano che passavano le ore e l’approvazione della legge stava per concretizzarsi. Evidentemente le loro dichiarazioni sulla capacità di influenzare le scelte del Parlamento si sono rivelate come i milioni di partecipanti dichiarati per le loro piazze: fuffa.

La classe politica, ancora. In una sola parola: penosa. Penoso il Pd, incapace di fare una legge degna di questo nome, l’unica in Occidente che invece di dare piena cittadinanza di fatto discrimina chi dovrebbe tutelare. Penoso il dibattito, fermo ancora alle categorie medicali di primo novecento (è stata scomodata ancora l’equivalenza omosessualità-pedofilia). Penose le scelte del M5S, che potevano intestarsi una vittoria epocale e hanno preferito obbedire a logiche di partito e a telefonate del capo. Stesso atteggiamento che rimproverano al Pd, se ci si pensa bene. Deludente la senatriceCirinnà, che aveva annunciato l’abbandono alla politica se avessero stralciato le stepchild adoption e che ieri esultava, in Senato. Proprio da quella poltrona che non ha nessuna intenzione di lasciare, contrariamente a quello che aveva dichiarato. E a proposito: pare abbia annullato la sua presenza al Tag, il Festival di cultura Lgbt di Ferrara, oggi pomeriggio. Strano che non vada a raccogliere i “meritati” applausi. Converrete.

E il popolo arcobaleno? Spaccato al suo interno. Lasciando perdere i gay e le lesbiche di partito – che analogamente ai grillini, rispetto alle scelte del loro capo, hanno l’obbligo di palesare gioia – la stragrande maggioranza della gay community è delusa e arrabbiata. Ma c’è chi dice “meglio poco che nulla” oppure “ma almeno abbiamo dei diritti”. Come se questo potesse essere messo in discussione. Ancora, c’è chi ripete pappagallescamente “voi volete tutto e subito”. Dopo trent’anni di lotte… E credo che non sia nemmeno un caso che a fare questo tipo di discorsi siano i più giovani (non tutti, sia ben chiaro), i ventenni che con pochi sforzi si son trovati la pappa pronta. Quelli che si accontentano di 500 euro al mese, per quaranta ore a settimana. Almeno pagano, ti dicono. Figli di vent’anni di berlusconismo, che ha segnato un’intera generazione nel senso dell’arrendevolezza. Per quel che mi riguarda, penso che questo provvedimento piaccia solo a chi ha una dignità parziale. Chi si percepisce nella sua umana interezza, e non come riserva indiana da rinchiudere in un recinto per quanto dorato, non può fare nessuna concessione a una politica che abbiamo già definito penosa. Nessuna riconoscenza.

A tal proposito, il 5 marzo ci sarà una manifestazione nazionale, a Roma. Mi auguro che non diventi, per l’incapacità di alcuni o la connivenza di altri, uno spot di piazza per il governo. Ho raccolto molti umori, tra i corridoi di palazzo Madama, e pare che i senatori del Pd non abbiano compreso la rabbia della comunità Lgbt, che al presidio di piazza delle Cinque Lune gridava “vergogna”. Vorrebbe essere osannato, il Pd. D’altronde le amministrative sono all’orizzonte. Vediamo di non fare l’errore di svendere la nostra giusta indignazione e di trasformarla in un favore a Renzi. Lo stesso che, se ricordate, parlava di Ernesto, il figlio di Letizia e Teresa, sue collaboratrici. “Lavorerò perché abbia gli stessi diritti dei miei figli”, diceva per vincere le primarie. Ha mentito anche su questo.

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5 bufale sulle unioni civili (un sentito grazie a WIRED)

16 Feb

 

 Wired, cui confermo il mio sentito grazie, pubblica oggi un chiarissimo articolo di Dario Falcini sulle cinque principali bufale (gli invasati omofobi come Giovanardi e Bagnasco ne aggiungono ovviamente molte altre della stessa qualità, oltre agli usuali e ridicoli anatemi del caso) che girano intorno al disegno di legge sulle unioni civili. Lo riporto per intero (l’originale è qui) come segno della mia stima.

Corte Suprema USA

 

5 bufale sulle unioni civili

Dai costi esorbitanti al rischio incostituzionalità. Dal presunto boom delle adozioni gay allo sdoganamento dell’utero in affitto, fino al no della comunità scientifica. Ecco le principali falsità sul ddl Cirinnà
*****

Ostruzionismo, campagne stampa, manifestazioni di piazza, attività di lobbying. In un sistema democratico queste sono strategie lecite per fare valere le proprie idee e cercare di contrastare quelle che si ritengono scorrette.

Diffondere verità infondate per terrorizzare l’opinione pubblica, al contrario, non si fa. Eppure la bufala è divenuta uno dei principali strumenti di lotta contro il ddl Cirinnà, che tra mille difficoltà ha iniziato il suo iter parlamentare (il 16 febbraio si parte con la votazione degli emendamenti).

Nulla di nuovo: la genesi della fantomatica ideologia gender aveva già fatto intuire quanto possa essere pericolosa la divulgazione a arte di false informazioni. Ora, grazie alla complicità di molti, si sta passando il segno. Vediamo allora alcune delle principali bufale che falsano il dibattito sulle unioni civili in Italia.

  1. La questione dei soldi
    Avevamo già affrontato la questione del costo delle unioni civili in un precedente articolo. In questo caso la fonte è nota e autorevole:“Se intervenissimo sulle pensioni di reversibilità il tema costerebbe circa 40 miliardi di euro” , dichiarava lo scorso 10 marzo il ministro dell’Interno Angelino Alfano.

Alla luce del rischio di un esborso proibitivo per le casse pubbliche il ddl Cirinnà subì nuovi rallentamenti, in attesa di un parere del ministero dell’Economia e delle finanze. I calcoli dell’ex Tesoro arrivarono dopo alcuni mesi e stabilirono che gli oneri complessivi per le casse dello Stato derivanti dal ddl andrebberodai 3,7 milioni di euro nel 2016 ai 22,7 milioni nel 2025. Giusto alcuni zero di meno rispetto a quelli paventati da Alfano.
In pratica la copertura finanziaria del provvedimento non è in discussione, eppure c’è chi continua a usare la leva economica e presunti sacrifici della fascia debole della popolazione per cercare di boicottare la legge.

  1. La presunta incostituzionalità
    Secondo, ad esempio, l’Unione dei giuristi cattolici italiani “le ipotesi normative”della legge rendono “omologhe alla famiglia altre forme di convivenza, che della famiglia non hanno i caratteri e le spettanze”. In questo caso sarebbe la Costituzione italiana (articoli 29 e 30) a chiarire il difetto del ddl Cirinnà.

Una tesi che avrebbe trovato conferma nel massimo difensore della Carta fondamentale: Sergio Mattarella. Scriveva la Repubblica il 18 gennaio che il presidente era stato pronto a non firmare il ddl per la sospetta incostituzionalità. All’inquilino del Quirinale, sulla base di una sentenza della Corte costituzionale del 15 marzo 2010, avrebbe preso il dubbio che “queste unioni civili siano troppo equiparate al matrimoni”, scriveva il quotidiano.

Gli interrogativi di Mattarella avrebbero portato a una serie di ripensamenti e tentativi di cambiare ancora una volta in corsa la legge. Ma se, scriveva la Corte nella sentenza numero 138, il codice civile “non consente che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso”, allo stesso modo è garantita a ogni coppia convivente “il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. Trovare forme di garanzia per queste unioni, si aggiungeva, spetta al Parlamento. Guarda caso dal Colle non si è più registrato alcun monito.

  1. Nessun via libera alle adozioni per tutti
    In Italia la famigerata stepchild adoption esiste dal 1983 e consente l’adozione del figlio del coniuge, previo consenso del diretto interessato e del genitore biologico. Al resto hanno pensato i giudici: nel 2007 il Tribunale per i minorenni di Milano estese questa facoltà anche alle coppie non sposate, prima escluse, nel 2014 il Tribunale per i minorenni di Roma ha riconosciuto l’adozione di una bimba allevata da una coppia di due donne conviventi, nata da una delle due madri attraverso fecondazione eterologa assistita.

Dunque, in questo caso, una sentenza favorevole all’istituto già esiste. Non ha alcun fondamento invece la fuga di notizie secondo cui il ddl Cirinnà consentirebbe in assoluto l’adozione di figli da parte di coppie omosessuali: la stepchild adoption si riferisce solo a casi particolari, poche centinaia all’anno, e serve a salvaguardare rapporti affettivi già in atto tra minori e adulti. Per quanto riguarda l’adozione di bambini non nati da uno dei due genitori l’iter rimane complicato e in ogni caso non è toccato dalla legge in discussione al Senato.

  1. L’utero non si affitta
    “Siamo nell’ultraprostituzione, e senza ipocrisia va denunciato ogni tentativo di regolamentazione che sarebbe illusoria”così scriveva alcuni giorni fa su Facebook Beatrice Lorenzin. Nelle scorse ore, in un’intervista al Corriere della Sera, ha spiegato cheil problema dell’utero in affitto riguarda al 60% coppie eterosessuali contro il 40% di coppie omosessuali”.

Ma quello che i dati ministeriali non dicono è che in alcun modo la legge sulle unioni civili rende legale la pratica. In Italia la procreazione assistita è normata dalla legge 40. Oggi è consentita in numerosi Paesi tra cui Stati Uniti e Canada e da noi, da sulla base di una sentenza del 27 gennaio 2015, chi usufruisce all’estero della maternità surrogata può essere poi dichiarato legittimo genitore. Il senatore di maggioranza Gianpiero Della Zuanna ha proposto un emendamento per arrestare chi ricorre alla maternità surrogata anche all’estero. Ma, al momento, la legge dice altro e, soprattutto, il ddl Cirinnà nulla aggiunge in tal senso.

  1. La contrarietà della comunità scientifica
    Vittima della bufala in questo caso, oltre che lacomunità Lgbt e chiunque pensi che il ddl sia da approvare, è stato Giovanni Corsello, presidente della Società italiana di pediatria. A inizio febbraio quasi tutti i media riportavano le sue dichiarazioni secondo cui “studi e ricerche cliniche hanno messo in evidenza che i processi di maturazione psicoaffettiva e psicologica di un bambino possono rivelarsi incerti e indeboliti da una convivenza all’interno di una famiglia in cui il nucleo genitoriale non ha il padre e la madre come modelli di riferimento”. Le sue parole, che per altro non rappresentano la totalità di vedute dei professionisti del servizio di pediatria, erano subito rilanciate da politici e opinionisti anti Cirinnà.

A stretto giro è arrivata la rettifica di Corsello. “Non si voleva esprimere in alcun modo la correlazione certa tra danni allo sviluppo e convivenza con genitori dello stesso sesso, ma solo la impossibilità di escluderla a priori. La norma che sana e rende legittime le situazioni di fatto di minori con due genitori dello stesso sesso è da considerare con favore”, ha chiarito.

La tesi secondo cui dal riconoscimento contronatura alle coppie omosessuali di crescere un figlio possa discendere una futura società genderizzata, qualunque cosa essa significhi, è il cavallo di battaglia di piattaforma quali il Family Day o delle decine di siti omofobi fioriti negli anni. Ma, ancora una volta, le loro campagne non si basano su alcun dato evidente. Al contrario uno studio del 2012 di un gruppo di ricercatori dell’università di Melbourne sostiene che il benessere fisico e mentale (secondo definizione Oms) di 500 figli minorenni di coppie omosessuali è superiore alla media dei coetanei.

Il resto sono bufale.

Dario Falcini

Mio p.s.
In quasi tutta Europa le unioni tra persone dello stesso sesso sono regolamentate. E’ una elementare questione di diritti. Per cui in Francia, Spagna, Svezia, Olanda, Islanda, Regno Unito, Belgio, Norvegia, Svezia, Danimarca e  è previsto il matrimonio gay, mentre l’unione civile è stata adottata  in Germania, Svizzera, Austria, Croazia, Grecia, Ungheria.
L’Italia è attualmente in compagnia di Cipro, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Polonia, Lituania e Lettonia.

 

 

Il tabu’ del sesso, la Chiesa e la società italiana

2 Feb

L’altra sera a Presadiretta Michela Murgia ha dipinto impietosamente l’arretratezza della società italiana. Un quadro che paragonato al mondo occidentale fa rabbrividire, dimostrando inequivocabilmente il cammino che ci resta da fare. 

Pensando alle responsabilità di questo tragico ritardo evolutivo, mi viene in mente solo chi, da secoli, propugna il ruolo secondario e sottomesso della donna in nome di principi inventati di sana pianta; e sono gli stessi che mentre da una parte sventolano il vessillo della famiglia fondata sull’amore, dall’altro negano quello stesso diritto all’amore a chi non segua il loro modello.

Tuttavia, non mi pare che la folgore divina di sia abbattuta su quei paesi dove – per loro fortuna – la situazione si sia evoluta con modalità perfettamente opposte ai canoni imposti qui da noi. La Chiesa con i suoi reggicoda di comodo dovrà rassegnarsi: alla fine il buon senso e il diritto hanno sempre ragione.

Michela Murgia

Sul Family day. Purtroppo.

27 Gen

Grazie a Furio Ortenzi.

Grazie a Furio Ortenzi.

Dico “purtroppo” perché mi ero ripromesso di non parlarne, dato che il solo pensarci mi produce disgusto. Ma trovo sull’ultimo numero di Micromega Giorgio Cremaschi che esprime perfettamente il mio stato d’animo su questa iniziativa, gretta culturalmente e socialmente. E mi tengo leggero, eh, mentre le gerarchie vaticane. a cominciare da Bagnasco, utilizzano tutte le risorse, anche le più meschine e inverosimili, per sollecitare l’attenzione dei media.
Trovate l’articolo integrale più in basso.

“I moderati del Family Day vogliono imporci la loro Sharia cattolica, vogliono che la legge difenda e sanzioni la loro idea di famiglia, si oppongono all’eguaglianza dei diritti nel nome del loro Dio. Essi non sono religiosi, sono fanatici come quegli integralisti islamici contro cui in altri momenti chiamano alla guerra santa. Non ce l’hanno solo con i diritti delle coppie dello stesso sesso, ma con tutte le forme di libertà, a partire da quella delle donne che, afferma uno dei promotori della manifestazione, devono essere sottomesse ai maschi.”

GIORGIO CREMASCHI – Nessun rispetto per il Family Day

gcremaschiA differenza di Renzi, che mostra rispetto per il Family Day, perché molti suoi organizzatori fanno parte del suo governo, io di questa iniziativa non ho rispetto alcuno. Essa dovrebbe radunare l’Italia cattolica moderata che vuole il rispetto della famiglia. Questa definizione già fa venire i brividi, perché si associa subito a quei paesi musulmani, definiti moderati dal mondo occidentale, come l’Arabia Saudita.Paese che applica la Sharia, cioè considera i principi religiosi obbligatori per tutti e li consacra con l’uso diffuso delle pene corporali e di morte.

I moderati del Family Day vogliono imporci la loro Sharia cattolica, vogliono che la legge difenda e sanzioni la loro idea di famiglia, si oppongono all’eguaglianza dei diritti nel nome del loro Dio. Essi non sono religiosi, sono fanatici come quegli integralisti islamici contro cui in altri momenti chiamano alla guerra santa. Non ce l’hanno solo con i diritti delle coppie dello stesso sesso, ma con tutte le forme di libertà, a partire da quella delle donne che, afferma uno dei promotori della manifestazione, devono essere sottomesse ai maschi.

Perciò questi “moderati” attirano tutto il ciarpame sessista, fascista, razzista sparso per il paese, che sente aria di casa.

Ma ciò che più disgusta di tutta questa gente è l’ipocrisia. Da quella di politici cinici e pluridivorziati che vedono nella massa del Family Day prima di tutto un bel serbatoio di voti, a prelati in disgrazia che così rilanciano la propria immagine pubblica, alle tanti e ai tanti per i quali la difesa della famiglia è tacere su violenze ed orrori che si nascondono dietro la rispettabilità della gente per bene.

Ipocriti sono gli organizzatori del Family Day anche quando affermano che altri sono i veri problemi del paese. È vero che la disoccupazione, le ingiustizie sociali crescenti, la distruzione della democrazia, la guerra, sono fatti ben più gravi. Ma i promotori del Family Day li scoprono solo quando la legge vorrebbe intervenire sul terreno presidiato dai loro fanatismi. Sono essi che depistano il paese dai problemi più drammatici, che forniscono copertura ideologica al governo che sta distruggendo la Costituzione, non chi vuole le unioni civili.

Ora mi si dirà che in piazza col Family Day, a proposito sempre l’inglese per nobilitare, ci sarà anche popolo in buona fede. Vero, era in buona fede anche il popolo che nel Medio Evo applaudiva la caccia alle streghe. Poi nei secoli i popoli si sono emancipati lottando per l’eguaglianza e la democrazia. Ora si vorrebbe portarli indietro, da un lato sotto il dominio del capitalismo selvaggio, dall’altro sotto quello di chi proclama Dio Patria e Famiglia. Che separatamente sono anche rispettabili, ma presi assieme son sempre stati fonte di oppressione e orrori.

No, nessun rispetto per il Family Day.

Giorgio Cremaschi

(25 gennaio 2016)

Sul Family Day, purtroppo.

27 Gen

Grazie a Furio Ortenzi.

Grazie a Furio Ortenzi.

Dico “purtroppo” perché mi ero ripromesso di non parlarne, dato che il solo pensarci mi produce disgusto. Ma trovo sull’ultimo numero di Micromega Giorgio Cremaschi che esprime perfettamente il mio stato d’animo su questa iniziativa, gretta culturalmente e socialmente. E mi tengo leggero, eh, mentre le gerarchie vaticane. a cominciare da Bagnasco, utilizzano tutte le risorse, anche le più meschine e inverosimili, per sollecitare l’attenzione dei media.
Trovate l’articolo integrale più in basso.

“I moderati del Family Day vogliono imporci la loro Sharia cattolica, vogliono che la legge difenda e sanzioni la loro idea di famiglia, si oppongono all’eguaglianza dei diritti nel nome del loro Dio. Essi non sono religiosi, sono fanatici come quegli integralisti islamici contro cui in altri momenti chiamano alla guerra santa. Non ce l’hanno solo con i diritti delle coppie dello stesso sesso, ma con tutte le forme di libertà, a partire da quella delle donne che, afferma uno dei promotori della manifestazione, devono essere sottomesse ai maschi.”

GIORGIO CREMASCHI – Nessun rispetto per il Family Day

gcremaschiA differenza di Renzi, che mostra rispetto per il Family Day, perché molti suoi organizzatori fanno parte del suo governo, io di questa iniziativa non ho rispetto alcuno. Essa dovrebbe radunare l’Italia cattolica moderata che vuole il rispetto della famiglia. Questa definizione già fa venire i brividi, perché si associa subito a quei paesi musulmani, definiti moderati dal mondo occidentale, come l’Arabia Saudita. Paese che applica la Sharia, cioè considera i principi religiosi obbligatori per tutti e li consacra con l’uso diffuso delle pene corporali e di morte.

I moderati del Family Day vogliono imporci la loro Sharia cattolica, vogliono che la legge difenda e sanzioni la loro idea di famiglia, si oppongono all’eguaglianza dei diritti nel nome del loro Dio. Essi non sono religiosi, sono fanatici come quegli integralisti islamici contro cui in altri momenti chiamano alla guerra santa. Non ce l’hanno solo con i diritti delle coppie dello stesso sesso, ma con tutte le forme di libertà, a partire da quella delle donne che, afferma uno dei promotori della manifestazione, devono essere sottomesse ai maschi.

Perciò questi “moderati” attirano tutto il ciarpame sessista, fascista, razzista sparso per il paese, che sente aria di casa.

Ma ciò che più disgusta di tutta questa gente è l’ipocrisia. Da quella di politici cinici e pluridivorziati che vedono nella massa del Family Day prima di tutto un bel serbatoio di voti, a prelati in disgrazia che così rilanciano la propria immagine pubblica, alle tanti e ai tanti per i quali la difesa della famiglia è tacere su violenze ed orrori che si nascondono dietro la rispettabilità della gente per bene.

Ipocriti sono gli organizzatori del Family Day anche quando affermano che altri sono i veri problemi del paese. È vero che la disoccupazione, le ingiustizie sociali crescenti, la distruzione della democrazia, la guerra, sono fatti ben più gravi. Ma i promotori del Family Day li scoprono solo quando la legge vorrebbe intervenire sul terreno presidiato dai loro fanatismi. Sono essi che depistano il paese dai problemi più drammatici, che forniscono copertura ideologica al governo che sta distruggendo la Costituzione, non chi vuole le unioni civili.

Ora mi si dirà che in piazza col Family Day, a proposito sempre l’inglese per nobilitare, ci sarà anche popolo in buona fede. Vero, era in buona fede anche il popolo che nel Medio Evo applaudiva la caccia alle streghe. Poi nei secoli i popoli si sono emancipati lottando per l’eguaglianza e la democrazia. Ora si vorrebbe portarli indietro, da un lato sotto il dominio del capitalismo selvaggio, dall’altro sotto quello di chi proclama Dio Patria e Famiglia. Che separatamente sono anche rispettabili, ma presi assieme son sempre stati fonte di oppressione e orrori.

No, nessun rispetto per il Family Day.

Giorgio Cremaschi

(25 gennaio 2016)

Quei figli dell’amore che non hanno diritti

24 Gen

Anche se conoscesse Agnese e le sue mamme, Giovanardi non capirebbe lo stesso, perché l’egoismo non conosce l’amore.
Un  abbraccio a Claudia, l’amica coraggiosa di tante battaglie civili.
Ce la faremo.

Claudia Unioni

Le unioni civili, il PD e la democrazia

23 Gen

Il secondo comma dell’art. 27 dello  Statuto del Partito democratico (è riportato per intero più in basso) afferma che: “È indetto un referendum interno qualora ne facciano richiesta il Segretario nazionale, ovvero la Direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, ovvero il trenta per cento dei componenti l’Assemblea nazionale, ovvero il cinque per cento degli iscritti al Partito Democratico.”

Per esempio, nel presente caso della legge sulle unioni civili, non si capisce come mai il segretario nazionale, avendo a disposizione uno strumento con questa potenza di indagine e democratica espressione, non pensi a farvi ricorso. Si coinvolge la base degli iscritti – o di questi e degli elettori (comma 3) – e si mette in atto quanto risulta approvato.  E’ quanto di più democratico ci possa essere e mette fine delle discussioni, alle polemiche, alle tortuosità  cervellotiche, agli interessi e alle speculazioni.

Sorge un sospetto: che del pensiero degli iscritti (e degli elettori) ai vertici del Partito democratico non gliene freghi assolutamente nulla. Né più né meno di quanto avveniva ai tempi della Democrazia cristiana, sorda alle chiare richieste che provenivano dalla società e che fu per questo sonoramente sconfitta nei due storici referendum sul divorzio e sull’aborto.
In fin dei conti, vien da pensare, non è cambiato molto da allora. Anzi, niente.
_________________________
Statuto del Partito Democratico

Articolo 27
(Referendum e altre forme di consultazione)
1. Un apposito Regolamento quadro, approvato dalla Direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, disciplina lo svolgimento dei referendum interni e le altre forme di consultazione e di partecipazione alla formazione delle decisioni del Partito, comprese quelle che si svolgono attraverso il Sistema informativo per la partecipazione.
2. È indetto un referendum interno qualora ne facciano richiesta il Segretario nazionale, ovvero la Direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, ovvero il trenta per cento dei componenti l’Assemblea nazionale, ovvero il cinque per cento degli iscritti al Partito Democratico.
3. La proposta di indizione del referendum deve indicare: la specifica formulazione del quesito; la natura consultiva ovvero deliberativa del referendum stesso; se la partecipazione è aperta a tutti gli elettori o soltanto agli iscritti.
4. Il referendum è indetto dal Presidente dell’Assemblea nazionale, previo parere favorevole di legittimità della Commissione nazionale di garanzia, sulla base di uno specifico Regolamento approvato dalla Direzione nazionale.
5. La proposta soggetta a referendum risulta approvata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi.
6. Il referendum interno può essere indetto su qualsiasi tematica relativa alla politica ed all’organizzazione del Partito Democratico. Il referendum può avere carattere consultivo o deliberativo. Qualora il referendum abbia carattere deliberativo, la decisione assunta è irreversibile, e non è soggetta ad ulteriore referendum interno per almeno due anni.
7. Le norme dello Statuto, fatto salvo quanto previsto all’articolo 42, comma 3, non possono essere oggetto di referendum.

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