Mafia Capitale ha imposto la bonifica del Pd romano. Ma le iniziative finora intraprese non sembrano condurre verso una soluzione assolutamente rispettosa del metodo democratico.
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Per avere un’idea di cosa stia succedendo nel e al Pd Roma bisogna risalire almeno alle primarie del 2013, quando in diversi seggi si presentarono improvvisamente elettori e candidati mai conosciuti prima, distorcendo l’esito delle votazioni. Il fatto fu denunciato da molti iscritti, anche con ricorsi alla Commissione di garanzia regionale, che furono disinvoltamente e sbrigativamente archiviati. Ne parlarono Cristiana Alicata che fu oltraggiata e derisa da molti – tra cui un membro della CGR oggi incriminato per i fatti di Mafia Capitale, Nacamulli – e Marianna Madia che denunciò esplicitamente “vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio”). Naturalmente senza esito alcuno e senza che nessuno dei leader locali – tantomeno l’attuale presidente del Pd Matteo Orfini che all’epoca era già da tempo testimone, attore e protagonista della politica romana – aggrottassero appena il ciglio. Andava tutto bene. Fatto sta che coi risultati di quelle primarie fu successivamente eletta l’Assemblea e poi nominata la Direzione, rappresentando così il trionfo dei capibastone e delle correnti che imperversavano nel Pd romano, senza che nessuno, ripeto, nessuno dei vertici avesse qualcosa da obiettare. Per tutti loro era tutto assolutamente regolare.
Facciamo un passo avanti. Alla fine del 2014 esplode Mafia Capitale, buona parte del Pd romano che conta risulta inquisito e Renzi nomina Orfini commissario dopo le dimissioni del segretario Cosentino. Qui è la prima, colossale stortura: il commissario non avrebbe mai dovuto essere un romano, perché in un modo o nell’altro lambìto se non coinvolto in quella torbida rete di interessi e intrecci per cui in quegli anni non era stata presa alcuna posizione contro il malaffare interno al partito e tutto era stato tollerato, perfino la vergognosa faccenda dei fondi del gruppo consiliare Pd alla regione Lazio nel 2011. Ma pare che a Renzi questo aspetto fondamentale sfugga o non interessi. Vabbe’.
Comunque sia Orfini accetta l’incarico e prende alcune iniziative, tra cui l’incarico a Barca di mappare i circoli per individuare quelli sani e quelli costituiti ad uso personale e la verifica degli elenchi degli iscritti del 2013 per identificare quelli fasulli: di quest’ultima se ne occupano i GD, fedeli centurioni di Orfini, e va avanti per mesi a causa della scarsità di risorse (perché non siano stati reclutati anche militanti di provata fede, anche non-GD, non è dato sapere ma si può, neppure tanto maliziosamente, immaginare). Il 9 marzo riunisce l’assemblea romana per fare il punto e, tanto per non sbagliare, proprio in apertura si rivolge a tutti gli iscritti con quella che suona come un’assurda chiamata di correità (‘Mafia Capitale non avrebbe dovuto sorprenderci, leggiamo tutti i giornali’, eccetera). (*)
Dopo di che passano i mesi senza che nulla accada e nei circoli cresce l’attesa, oltre al disagio e all’impazienza. Insomma: c’era un PD dei politicanti di mestiere e delle loro cordate, e un PD dei sinceri militanti volontari e dei circoli. Il cancro di Mafia capitale è nato e si è sviluppato nel partito delle cordate infettando poi alcuni circoli e generandone altri. La sgradevole sensazione che si percepisce è che il commissario, invece di bonificare il partito dei politicanti – cui appartiene – eliminando corrotti e collusi, prenda a pretesto l’ emergenza per normalizzare il partito dei circoli, portandolo sotto il suo controllo. E’ così che a metà maggio un gruppo di membri dell’Assemblea ne chiede al presidente Giuntella, a norma di Regolamento, la convocazione per discutere anche del congresso che Orfini ha più volte dichiarato di voler tenere entro l’anno. Assai poco ritualmente, il commissario risponde piccato e irridente su Facebook, mentre Giuntella – cui spetta il compito di convocarla ogni tre mesi – svicola. Insomma, comincia a delinearsi un percorso del genere ‘si fa come dico io e le regole contano se e quando mi servono’, nonostante la Commissione nazionale di garanzia, interpellata dallo stesso Orfini sulla possibilità di azzerare l’Assemblea, gli abbia chiarito per iscritto che non gli è consentito. Si fanno sempre più concrete quelle che parevano solo voci di corridoio: le iscrizioni 2013 e 2014 verranno annullate, nasceranno i circoli territoriali (15, uno per Municipio, virtuali) presidiati da altrettanti sub-commissari, i circoli esistenti – in attesa di venire chiusi o accorpati – diventeranno ‘sezioni’ senza alcuna autonomia e privati dei fondi provenienti dal tesseramento, che avverrà tramite il circolo di municipio.
La temuta occupazione viene certificata e definita con la delibera che Orfini fa approvare dalla Direzione (che non ha competenza in materia) l’11 giugno. In sintesi, come commentò all’epoca un iscritto, “somiglia tanto a un colpo di stato fatto da una corrente a discapito delle altre”, mentre un altro, più lungimirante, dichiarò che “il congresso del PD romano si è svolto ieri e lo ha vinto Orfini. Saranno lui e i suoi soci a organizzare i circoli municipali, a decidere chi li dirigerà, saranno lui e i suoi soci che maneggeranno i soldi delle tessere e che faranno le liste delle prossime elezioni. Scordiamoci l’assemblea e scordiamoci la possibilità di un congresso vero e democratico”.
Perché un vicecommissario per ogni Municipio non rappresenta, di per sé, una garanzia contro i pacchetti di tessere, anzi. Perché non sarà né un magistrato né un ufficiale dei carabinieri, ma verrà scelto nei giochi tra le cordate dei professionisti della politica per garantire gli equilibri e le pratiche di queste, la gestione delle “primarie“, i rapporti con gli eletti e così via. Più lontano dal controllo diffuso dei militanti associati nei circoli, sul territorio. E sarà grato e fedele al capo per garantirsi la rielezione o future promozioni.
La delibera, infatti, prevede non solo una modalità accentrata per il tesseramento 2015, ma una ristrutturazione permanente dell’ organizzazione territoriale che va nella direzione di una verticalizzazione, spostando poteri organizzativi e risorse dai circoli esistenti, ridefiniti come ‘sezioni’, verso i nuovi circoli territoriali, uno per Municipio. Verso l’ alto. Mentre tutto il dibattito aperto dopo il documento di Barca dell’ aprile 2013 sullo sperimentalismo democratico, la mobilitazione cognitiva, la democrazia deliberativa, va nella direzione opposta, verso “un partito di sinistra saldamente radicato nel territorio …. animato dalla partecipazione e dal volontariato di chi ha altrove il proprio lavoro“. Ma la cosa grave e è che la delibera del commissario infrange, nelle modalità e nella sostanza, il Regolamento del Pd romano e lo Statuto nazionale. Tra le violazioni più clamorose:
– la convocazione della Direzione (che può essere fatta solo dal Presidente dell’Assemblea);
– l’aver fatto approvare una delibera non di sua competenza: la Direzione “è l’organo di esecuzione degli indirizzi espressi dall’Assemblea ed è organo di indirizzo delle politiche territoriali” mentre è l’Assemblea che “ha competenza in materia di indirizzo della politica territoriale del Partito Democratico di Roma città, di organizzazione e funzionamento degli organi dirigenti, di definizione dei principi essenziali per l’esercizio dell’autonomia da parte dei Circoli territoriali, ambientali e on line” (articoli 5.2 e 6.1 del Regolamento di funzionamento della Città di Roma);
– l’introduzione delle cosiddette ‘sezioni’, organismi assolutamente nuovi e non previsti: lo Statuto nazionale all’Art. 14 comma 1 prevede che “I Circoli costituiscono le unità organizzative di base attraverso cui gli iscritti partecipano alla vita del partito...”;
– sempre a proposito delle nuove ‘sezioni’, lo Statuto nazionale afferma all’art. 14, comma 4 che “dovrà essere previsto almeno un Circolo territoriale di base per ogni comune superiore a cinquemila abitanti e, nei comuni con più di centomila abitanti, almeno un circolo per ogni cinquantamila abitanti.” E come la mettiamo con le ipotizzate ‘sezioni’? Il risultato è che nei circoli e tra i militanti cresce lo sconcerto, il disagio, l’amarezza. Resta ancora la flebile speranza che l’atteso rapporto di Barca sullo stato dei circoli – che a rigor di logica avrebbe dovuto precedere e non seguire la delibera – dia un’opportunità nuova, possa costituire l’occasione per intervenire, estirpare il marcio e dimostrare, finalmente, che si può dare un deciso colpo di timone. Ma non succede nulla di tutto questo.
Accade così che alla fine di luglio due ben conosciuti e rispettati democratici, Giancarlo Ricci e Antonio Zucaro, decidano che la misura è colma: citano in giudizio (qui i dettagli) la Federazione romana e la prima udienza viene fissata per lunedì 28 settembre. Che ci sia ben più di qualcosa che non va nel partito romano è testimoniato anche dal disastro registrato nel rinnovo delle tessere: a settembre se ne contano, pare, circa 3.000 contro le 8.000 registrate l’anno precedente. E’ l’effetto di Mafia Capitale, certo, ma l’opera del commissario ha assestato un duro colpo alla collaudata rete dei circoli e alla passione di tanti sinceri e un tempo entusiasti militanti che stanno abbandonando in massa il partito. Ma non è finita qui.
Domenica 27, il giorno prima dell’udienza, in una “giornata di studio” riservata a eletti, coordinatori e altri invitati Orfini informa i partecipanti di una nuova delibera, questa, che annulla la precedente evidentemente invalida (quella per cui è stato citato in giudizio) con la quale supera di colpo – o pensa di aver superato – tutte le osservazioni e le critiche. Perché?
Perché glielo consentono le modifiche allo Statuto nazionale approvate dall’Assemblea nazionale del 18 luglio, proposte dalla commissione di cui lo stesso Orfini fa parte e che nell’ordine del giorno assembleare apparivano così: “modifiche statutarie in adeguamento alla L. 13 del 21/2/2014” (cioè la legge sull’abolizione del finanziamento pubblico diretto). Solo che tra queste erano state introdotte anche quelle relative all’art. 17, che disciplina Commissariamenti, scioglimenti e poteri sostitutivi.
Per esempio, il comma 1 della nuova stesura prevede che invece della Direzione Nazionale sia il Segretario nazionale stesso a poter “intervenire nei confronti delle strutture regionali e territoriali adottando, sentito il parere della Commissione nazionale di Garanzia, i provvedimenti di sospensione o revoca. Tali provvedimenti possono riguardare sia organismi assembleari sia organi esecutivi, e possono includere l’eventuale nomina di un organo commissariale”. Quindi arrivederci ad Assemblea e Direzione del Pd Roma. Il comma 3, a sua volta, prevede che “i provvedimenti di scioglimento e chiusura dei Circoli, per violazioni dello Statuto o del Codice Etico e per grave dissesto finanziario, possono essere assunti anche in deroga all’art. 14 comma 4 dello Statuto”. Pertanto, stante l’enorme debito di almeno 1,2 milioni accumulato dalla Federazione – e su cui si tace alla faccia della sbandierata trasparenza e nonostante il pieno diritto degli iscritti di sapere come sia stato accumulato – viene superato l’obbligo di avere “nei comuni con più di centomila abitanti, almeno un circolo per ogni cinquantamila abitanti” ed automaticamente l’invenzione delle sezioni da illecita diventa lecita. “Fatta la legge, trovato l’inganno” recita un vecchio proverbio. Orfini ora può fare davvero da solo, saluti a trasparenza, partecipazione, metodo democratico.
Naturalmente nessun dettaglio viene reso noto. Anche l’esito della lunga indagine svolta sull’anagrafe degli iscritti del 2013 – come l’origine del mostruoso buco del bilancio federale – resta riservata, perché gli iscritti non hanno alcun diritto, gli è consentito solo di pagare la tessera.
Non so immaginare, francamente, dove Orfini pensi di condurre il Pd romano. E’ abbastanza evidente che intenda dargli un’impronta esasperatamente verticistica – in questo concorde con la visione del segretario nazionale – ma poi? Tra un anno, quando cesserà la gestione commissariale, quale partito pensa si troverà, dopo aver disperso un patrimonio di cultura, esperienze, passioni? Davvero pensa di poterlo rimpiazzare con i Giovani Democratici? E come crede di poter affrontare le eventuali elezioni comunali? O pensa di mettersi in gioco lui stesso, candidandosi a sindaco? Oppure ancora ha già pronto il sostituto di Marino, un suo fedele, magari l’assessore Esposito? Bah.
Qui di seguito troverete il comunicato stampa (il neretto è mio) rilasciato da Ricci e Zucaro all’uscita dall’udienza del 28 settembre. Il giudice vuol vederci chiaro e questo è già molto. E comunque siamo solo agli inizi.
“La frettolosa approvazione, nelle scorse ore, di una nuova delibera di riorganizzazione del PD Roma, sostanzialmente identica a quella già impugnata da alcuni iscritti, non è servita a neutralizzare il procedimento giurisdizionale contro la Federazione romana – sottoposta da quasi un anno al commissariamento del Presidente Orfini – e ad eludere il giudizio cautelare promosso dai ricorrenti, Giancarlo Ricci e Antonio Zucaro.
Accogliendo le eccezioni sollevate dagli avvocati Anna Falcone e Antonio Pellegrino Lise, il giudice procedente ha, infatti, chiesto una integrazione di memorie e si è riservato in merito alla decisione di sospensiva dell’atto impugnato. Alla luce della proroga del Commissariamento e della reiterazione delle violazioni denunciate a danno dei diritti degli iscritti, nonché in dispregio delle norme statutarie e di democrazia interna, i ricorrenti non escludono di rilanciare l’azione giudiziaria estendendo l’impugnativa alle ulteriori violazioni che dovessero emergere dalle nuove decisioni commissariali. A tal fine, annunciano la costituzione di un comitato di sostegno all’azione giudiziaria e per il rispetto dello Statuto del PD e delle sue regole di democrazia interna”.
Firmato: i ricorrenti, Giancarlo Ricci e Antonio Zucaro
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(*) – Aggiornamento: mi viene opportunamente fatto ricordare il libro bianco presentato alla Festa dell’Unità nel luglio 2012 su “La criminalità organizzata a Roma”, realizzato e pubblicato dal PD Roma.
Tag:Antonio Zucaro, Giancarlo Ricci, Mafia Capitale, Matteo Orfini, PD Roma, Statuto PD
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