Archivio | agosto, 2017

Sovraffollamento nelle carceri: Antigone denuncia un problema drammatico e irrisolto

2 Ago

L’associazione Antigone segue da anni i problemi legati alla giustizia penale e, in particolare, quelli sulla realtà carceraria italiana. Di recente ha presentato alla Camera dei deputati il pre-rapporto 2017 : più avanti il comunicato ufficiale.

Come è noto, le carceri italiane non sono un modello: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha già stigmatizzato le inumane situazioni di sovraffollamento, la stessa Antigone ha recentemente registrato il ventinovesimo suicidio di un recluso nel 2017 ed è di pochi giorni fa la lettera di Francesca Occhionero che denuncia le medievali condizioni di Rebibbia, altrimenti non considerato certo tra i peggiori istituti di reclusione in Italia.

Antigone è nata alla fine degli anni ottanta nel solco della omonima rivista contro l’emergenza carceraria promossa, tra gli altri, da Massimo Cacciari, Stefano Rodotà e Rossana Rossanda. E’ un’associazione politico-culturale a cui aderiscono prevalentemente magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale e ogni anno presenta un rapporto: qui il rapporto 2016.

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© Gianni Berengo Gardin – Fondazione Forma per la Fotografia – Dalla mostra di fotografie “Dentro” fatte all’interno delle carceri italiane esposta alla Wave Photogallery di Brescia, pubblicata da Il Post

Continua a crescere il numero dei detenuti e si torna sotto i 3mq

Continua la crescita dei detenuti (il tasso di sovraffollamento è al 113,2%) e in alcune carceri si torna a scendere sotto lo spazio minimo previsto di 3 mq per detenuto. E’ quanto emerge dal pre-rapporto 2017 che abbiamo presentato oggi a Roma, frutto dei primi sei mesi di visite del nostro Osservatorio.
Già nell’ultimo rapporto, non a caso chiamato #TornailCarcere, si era posta l’attenzione sul ritorno del sovraffollamento con tassi di crescita che, se continuassero all’attuale ritmo, porterebbero in pochi anni l’Italia ai livelli che costarono la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ma quali sono le ragioni della crescita del numero dei detenuti? Da una parte il numero enorme di processi penali pendenti. Oltre 1,5 milioni di cui più di 300 mila dalla durata irragionevole e quindi prossimi alla violazione della legge Pinto. I tempi lunghi dei processi influiscono sull’eccessivo ricorso alla custodia cautelare che continua a crescere arrivando all’attuale 34,6%, quando solo due anni fa era al 33,8%. Dall’altra c’è il fatto che si registra un cambiamento anche nelle pratiche di Polizia e giurisdizionali, effetto questo della pressione dell’opinione pubblica a partire da casi eclatanti (di come le sirene del populismo penale potessero influire avevamo parlato in un nostro recente approfondimento).

Altri dati che emergono riguardano lo stato generale delle condizioni di detenzione. Nel 68% degli istituti da noi visitati in questi primi mesi del 2017 ci sono celle senza doccia (come invece richiesto dall’art. 7 del DPR 30 giugno 2000, n. 230), e solo in uno, a Lecce, e solo in alcune sezioni, è assicurata la separazione dei giovani adulti dagli adulti, come richiesto dall’art. 14 dell’Ordinamento penitenziario. Inoltre l’Italia è uno dei paesi dell’Unione Europea con il più basso numero di detenuti per agenti (in media 1,7), mentre ciò che manca sono gli educatori. A Busto Arsizio ce n’è uno ogni 196 detenuti e a Bologna uno ogni 139.

Elemento fondamentale è anche quello della salute in carcere. In tal senso sarebbe utile per i medici disporre della cartella clinica informatizzata, che garantisce che le informazioni sanitarie del detenuto si spostino facilmente assieme a lui da un istituto all’altro, ma questa è disponibile solo nel 26% degli istituti da noi visitati.

Per quanto riguarda il lavoro abbiamo osservato che lavora circa il 30% dei detenuti. Ma nel 26% degli istituti da noi visitati non ci sono datori di lavoro esterni, nel 6% non ci sono corsi scolastici attivi e nel 41,5% non ci sono corsi di formazione professionale.  Uno sguardo viene posto anche ai contatti con l’esterno ed ai rapporti con la famiglia, di cui si riconosce l’utilità per il reinserimento sociale e la prevenzione di atti di autolesionismo. Ebbene, in uno solo degli istituti da noi visitati nel corso del 2017, ad Opera, sono possibili i colloqui con i familiari via Skype, ed in uno solo, nella Casa di Reclusione di Alessandria, è possibile per i detenuti una qualche forma di accesso ad Internet.  (Antigone)

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