Archivio | settembre, 2015

Il Pd romano, Orfini e il mugnaio di Potsdam

19 Set

Conoscerete la storia del povero mugnaio di Potsdam ai tempi di Federico il Grande di Prussia. Angariato da potenti e giudici felloni non si arrende, ha fiducia nella giustizia (“ci sarà pure un giudice a Berlino” dice per rincuorarsi) e alla fine trova un magistrato integro che riconosce le sue ragioni e la verità trionfa.
Bene, mi è servita  per parlare di una faccenda che riguarda il Pd romano e che stranamente (è ironia, eh) i giornali non hanno minimamente approfondito. Ecco, il parallelo non è poi tanto fuori luogo.
LA LEGGE E'
Alcuni militanti del PD hanno citato in giudizio la Federazione romana del Partito Democratico, chiedendo l’annullamento della delibera con cui, a seguito del Commissariamento, la Direzione del PD romano, su impulso del commissario Orfini, ha “riformato” l’organizzazione e la struttura del partito.

Non si tratta di una questione riguardante esclusivamente la vita interna del PD romano. La democrazia interna nei partiti, e in particolare in quello che detiene le leve del potere politico in questo momento, è questione che riguarda la democrazia in quanto tale, e perciò tutti i cittadini, indipendentemente dalla collocazione politica.

I ricorrenti muovono dalla convinzione che le soluzioni che il commissario Orfini sta mettendo in atto non solo non sanano le distorsioni e le aberrazioni che hanno aperto la strada a quei fenomeni, ma le stanno amplificando. Se il PD romano è diventato “brutto e cattivo”, in molte sue parti, una delle cause principali è che la partecipazione era stata soffocata e sostituita dalla logica delle filiere di costruzione del consenso che, al di là delle collusioni che non sempre si verificavano con la criminalità mafiosa, ne riproducevano le leggi di funzionamento (scambio di favori clientelari, asservimento personale, creazione di reti occulte o opache, sottratte alle regole democratiche di rapporto tra soci di una medesima organizzazione).

Chiudere i circoli, lasciandone uno ogni 200.000 abitanti (per Statuto dovrebbero essere almeno il quadruplo), espropriare e centralizzare le risorse e le responsabilità verso terzi rispondono esattamente alla logica che ha dato origine a Mafia Capitale, rischiando di portare il fenomeno alle estreme conseguenze. Con l’aggravante che le delibere adottate intervengono pesantemente sullo svolgimento del futuro congresso, condizionandone il percorso democratico e la composizione della platea congressuale. Tutto ciò, nonostante il commissario fosse stato già ammonito in precedenza dalla Commissione Nazionale di Garanzia in merito al fatto che lo Statuto “non appare consentire l’attribuzione, anche ai fini del compimento di un singolo atto, di poteri commissariali che esautorino organi politici assembleari”.

Da ultimo, non in ordine di importanza, l’iniziativa giudiziaria merita attenzione alla luce dell’art.49 della Costituzione secondo cui “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Il richiamo al metodo democratico è posto a riconoscimento e tutela dei diritti dei singoli associati rispetto alla organizzazione e alla formazione delle decisioni dell’associazione-partito cui hanno deciso di aderire. Tanto è vero che le recenti disposizioni in tema di finanziamento pubblico ai partiti, nel ribadire la natura associativa dei partiti politici, hanno dato rilievo all’osservanza del metodo democratico e confermato l’applicabilità ai partiti politici delle norme del codice civile in tema di associazioni non riconosciute. Sono perciò applicabili, come in questo caso. le norme che consentono l’impugnazione delle delibere assembleari delle associazioni e delle fondazioni.

I ricorrenti, Giancarlo Ricci e Antonio Zucaro – assistiti dagli avvocati Anna Falcone e Antonio Pellegrino Lise, del Foro di Roma – sono persone che tutto il PD romano stima e conosce per l’impegno che hanno sempre speso per raddrizzare quelle storture, per denunciarle e combatterle a viso aperto. Se anche nel PD romano non dovesse levarsi nessuna voce in loro sostegno, meritano gratitudine per un’iniziativa concepita per il bene della collettività cittadina e per rilanciare la credibilità, ai minimi storici, della politica romana. Quanto meno di quella democratica e di sinistra.

La prima udienza cautelare è già stata fissata per il 28 settembre p.v.

Penso che valga la pena di approfondire, visto che i giornali (forse per una forma di sudditanza?) non hanno dato quasi nessun rilievo alla notizia , Dal punto di vista politico la vicenda di cui si tratta inizia con la decisione di commissariare il Partito Democratico di Roma, motivata esplicitamente con l’esplodere mediatico dell’inchiesta “Mondo di mezzo”, che ha preso immediatamente il nome di “Mafia Capitale”. Il segretario del PD Roma, Lionello Cosentino, si dimette e con le sue dimissioni l’intera segreteria viene sostituita da un commissario, individuato nella persona di Matteo Orfini, che è da tempo un elemento di spicco del partito romano e svolge anche il ruolo di Presidente nazionale del Partito Democratico. Alla base della decisione del commissariamento vi è la constatazione, del tutto condivisibile, che il Partito romano non solo non è stato capace di sviluppare gli anticorpi necessari a contrastare la degenerazione corruttiva, ma si è dimostrato permeabile al malaffare e ne è stato contaminato ed è quindi necessario condurre una decisa e rigorosa azione di risanamento e di pulizia, di rinnovamento, di razionalizzazione delle risorse organizzative, avviando al contempo un graduale processo di uscita dalla gravissima crisi finanziaria.

L’azione del Commissario Orfini si caratterizza immediatamente per alcune decisioni e alcuni comportamenti:
a) affidare ai Giovani Democratici una indagine condotta per via telefonica sulla regolarità delle iscrizioni al Partito;
b) commissionare a Fabrizio Barca uno studio da condurre con metodi scientifici sullo stato dei Circoli, sul loro funzionamento, sul modo in cui svolgono l’attività;
c) dichiarare una lotta senza quartiere alle correnti e ai signori delle tessere;
d) sostenere l’attività del Sindaco Ignazio Marino e della Giunta comunale;
e) considerare, in palese contrasto con lo Statuto del PD, che con il commissariamento cessano le funzioni della Direzione e della Assemblea cittadina;
f) conseguentemente assumere su di sé tutti i poteri e sospendere di fatto ogni possibilità da parte dei Circoli e degli iscritti di partecipare democraticamente ai processi decisionali del Partito romano.

E’ su questi ultimi due punti che sorgono e si sviluppano contrasti e polemiche, di cui anche i promotori dell’azione giudiziaria sono stati protagonisti. Una efficace azione di risanamento e di pulizia deve essere nutrita di autorevolezza e di trasparenza, deve basarsi sul costante rispetto delle regole e deve ricercare il sostegno e la partecipazione attiva degli iscritti e dei militanti. La lotta alla corruzione e al malaffare non si fa restringendo o annullando gli spazi di democrazia e di partecipazione, ma anzi allargandoli il più possibile, estendendo il controllo dal basso sull’azione degli amministratori e degli eletti, ascoltando chi lavora sul territorio, è a contatto con i cittadini e discute con loro tutti i giorni.

Dicono Ricci e Zucaro: “per queste convinzioni e per sostenere queste tesi abbiamo più volte chiesto di riunire l’Assemblea cittadina, abbiamo raccolto le firme per chiederne la convocazione straordinaria, a norma di Statuto, ma le nostre argomentazioni e le nostre richieste sono state ignorate, a volte derise e fatte oggetto di commenti offensivi“.

Di fatto quindi il massimo organo rappresentativo e di direzione del PD Roma è stato completamente esautorato, e coloro che dagli iscritti hanno avuto il mandato di rappresentarli fino al prossimo congresso non hanno avuto la possibilità di discutere e di esprimersi su nessun aspetto o problema della politica cittadina. E la cosa appare tanto più grave se si  pensa alla situazione complessiva della politica a Roma, ai problemi dell’amministrazione cittadina, a quanto emerso sui rapporti tra la politica e la criminalità organizzata, alle accuse mosse a esponenti del PD eletti nelle istituzioni.

Poi, con il trascorrere delle settimane e dei mesi, si è visto che dell’indagine sulla regolarità del tesseramento condotta dai Giovani Democratici non sono mai stati diffusi e messi a disposizione degli iscritti dati ufficiali, che la lotta alle correnti e ai signori delle tessere non è mai partita, che è stata rifiutata ogni occasione di confronto e che si è soltanto perpetrata una costante e spudorata violazione delle regole statutarie, sulle quali la Commissione nazionale di Garanzia si è più volte espressa senza che il commissario Orfini ne tenesse il minimo conto. Fino ad arrivare allo scorso 11 giugno e all’approvazione da parte della Direzione cittadina del partito di una delibera che determina una radicale trasformazione dell’organizzazione del PD romano. La delibera dispone:

  1. un profondo cambiamento delle modalità di iscrizione alla Federazione di Roma e ai Circoli territoriali;
  2. che, nel territorio cittadino, non possa essere presente più di un Circolo per ogni municipio;
  3. che gli attuali Circoli siano declassati a sezioni del rispettivo Circolo municipale;
  4. anche i Circoli del lavoro, quelli di ambiente e quelli on-line sono declassati a sezioni;
  5. e infine che gli attuali Circoli, trasformati in sezioni, non abbiano più alcuna autonomia patrimoniale, e che quindi scompaia la figura del Tesoriere.

Lascio ancora la parola a Ricci e Zucaro (il neretto è mio):

“Noi sosteniamo che tale delibera è illegittima per diverse ragioni e chiediamo al magistrato di disporne l’annullamento.La nostra richiesta è basata sui seguenti argomenti:
– il Regolamento che disciplina la vita e l’attività della Federazione del Partito Democratico di Roma città afferma che soltanto l’Assemblea è l’organismo competente a discutere e decidere in materia di indirizzo della politica territoriale, di organizzazione e funzionamento degli organi dirigenti, di definizione dei principi essenziali per l’esercizio dell’autonomia da parte dei Circoli territoriali, ambientali e on-line;
– la Direzione invece è l’organo di esecuzione degli indirizzi espressi dall’Assemblea ed è organo di indirizzo delle politiche territoriali; in questo ambito di competenze la Direzione assume le proprie determinazioni attraverso il voto di mozioni, ordini del giorno, risoluzioni politiche, che sono appunto atti di indirizzo, mentre non può approvare delibere di carattere organizzativo;
– sempre nel Regolamento – che per la Federazione di Roma ha rango statutario – si dispone esplicitamente che le eventuali modifiche allo stesso sono approvate dall’Assemblea con il voto favorevole della maggioranza dei due terzi dei componenti.

L’importanza del contenuto della delibera appare con maggior evidenza se si considera che essa interviene pesantemente sull’attività propedeutica allo svolgimento del prossimo congresso, ne condiziona il percorso democratico e la composizione della platea congressuale. Ora la domanda che ragionevolmente ci si pone è la seguente: sapeva il Commissario Orfini di compiere una serie di violazioni delle norme statutarie e regolamentari, e sapeva che le sue proposte avrebbero condizionato lo svolgimento del prossimo congresso cittadino?
La risposta non può che essere affermativa e noi lo dimostriamo con una serie di documenti che supportano la nostra richiesta di annullamento della delibera. D’altra parte, lo stesso commissario Orfini si è posto il problema se è vero, come è vero,  che in data 28 aprile ha inviato una lettera alla commissione nazionale di Garanzia per chiedere: “A fronte del rilievo e della delicatezza delle problematiche esposte riguardo alla platea congressuale che nel 2013 ha, tra l’altro, prodotto l’elezione dell’Assemblea federale della Città di Roma e che è ancora in carica, si domanda alla Commissione nazionale di Garanzia del PD di valutare se sia opportuno sottoporre a quella stessa Assemblea, piuttosto che ad altri organismi, l’approvazione di nuovi regolamenti federali i quali sarebbero anche alla base della campagna di tesseramento 2015 e del prossimo congresso cittadino che porrà fine al commissariamento in atto”.
A tale richiesta la Commissione nazionale di Garanzia rispondeva affermando che lo Statuto “non appare consentire l’attribuzione, anche ai fini del compimento di un singolo atto, di poteri commissariali che esautorino organi politici assembleari”. 
Si può ben dire che il PD Roma è stato formalmente commissariato, ma in realtà è come se Matteo Orfini se ne sia appropriato, confondendo l’affidamento di una delicatissima responsabilità di direzione politica con l’attribuzione di un potere autoritario e indipendente dalle norme statutarie.
A supporto di questa affermazione richiamiamo le parole dello stesso Orfini, il quale in una intervista al Corriere della sera on line ha detto: “Ho convocato per giovedì la Direzione del PD Roma in cui approverò, come previsto dallo statuto, le nuove regole per il tesseramento”. Non ha detto “proporrò”. Non ha detto “metterò in discussione”. No, ha detto “approverò”, una dichiarazione che chiarisce oltre ogni dubbio il carattere personale di una decisione imposta dall’alto.
In conclusione, noi riteniamo che quanto accaduto configuri non soltanto una violazione delle norme statutarie e regolamentari del Partito Democratico, ma anche una violazione del codice civile e della stessa Costituzione.
Ricorrendo in giudizio, quello che chiediamo è proprio il ripristino della legalità all’interno della Federazione di Roma del Partito Democratico, legalità che è stata palesemente e gravemente violata attraverso l’adozione della delibera di cui abbiamo parlato.

Naturalmente sono assolutamente d’accordo con l’iniziativa e posso confortare Ricci e Zucaro: siamo in molti a pensarla come loro e a sostenerli. Quando un’organizzazione non rispetta le regole che si è data e per i suoi vertici vale solo l’arroganza del potere non resta che affidarsi alla giustizia, Come il mugnaio di Potsdam.

Aggiornato il 20.9.15

Orrore a Roma: c’è 
un marciapiede pulito (Michele Serra supera se stesso).

7 Set

Ogni tanto qualcuno mi chiede perché Serra per me è un mito insuperabile. Ecco perché: leggete questo suo pezzo su l’Espresso e poi fatemi sapere.
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Orrore a Roma: c’è 
un marciapiede pulito

Lo dimostra un esperimento: la vista di strade prive di rifiuti suscita sgomento nei cittadini. 
Che provvedono subito a sporcarle di nuovo

ROMA PULITA: un folle progetto visionario, una utopia così azzardata, così meravigliosa che nessun essere umano aveva mai avuto il coraggio neppure di formularla. Secondo un rigoroso studio di fattibilità su scala mondiale messo a punto dalla facoltà di Statistica di Harvad, “Roma pulita” è al secondo posto nella classifica delle imprese impossibili, preceduto solo da “realizzare una società socialista” e seguito, al terzo e quarto posto, da “fare la pace tra israeliani e palestinesi” e “riuscire ad asciugarsi le mani servendosi di un asciugatore a getto d’aria”. Ma ormai l’idea è di pubblico dominio; e i cittadini si stanno organizzando.

LA TECNICA Ogni spazzino volontario dovrà essere preceduto da un carro attrezzi volontario, che dovrà spostare dal marciapiedi le macchine e i furgoni parcheggiati così da poter procedere alla pulizia; e dovrà essere seguito da uno psicologo volontario, il cui compito sarà convincere passanti e turisti a non buttare per terra cartocci unti, coni gelati, cicche di sigarette nei metri quadrati di marciapiede appena ripuliti. Dai primi test effettuati, risulta che un marciapiedi pulito esercita, sui cittadini romani, una sensazione di sgomento molto simile all’horror vacui: di qui l’impulso a ricoprirlo subito con nuove deiezioni.

I RIFIUTI La turista sovrappeso del Nord Europa con infradito, shorts inguinali e canottiera che mangia un panino con la porchetta con i piedi a mollo nella Fontana di Trevi, è da considerarsi un rifiuto? Se sì, come smaltirlo? Questa e altre domande sono oggetto di un vivace dibattito tra i cittadini che vogliono ripulire Roma. Divani sfondati, dentiere, scarpe vecchie, sputi e scaracchi con livello variabile di densità e viscosità, bucce di cocomero, pannolini, pannoloni, chewing-gum spiaccicati, copertoni, olio di camion, batterie esauste, stracci, cacche di cane: ogni rifiuto ha una sua storia e ogni storia un suo autore. La campagna “adotta un rifiuto” tende a sensibilizzare non solo i romani, ma tutti quanti noi, sullo stato di abbandono di milioni di rifiuti, lasciati in strada senza un padrone, senza una destinazione. Si può adottare un rifiuto anche a distanza: con cifra molto modica, ricevete ogni mese una fotografia che documenta il suo stato di decomposizione.

RAMAZZE Non molto facile procurarsi le ramazze. Il settore è nelle mani di Ercole Patacchia detto “er Sittepijotesfonno”, già inquisito per Mafia Capitale perché coinvolto nel racket delle olive e delle noccioline destinate ai convegni e ai congressi di partito. L’improvvisa impennata della domanda di ramazze ne ha triplicato il prezzo, e i pochi rivenditori di articoli per le pulizie che si ribellano e vendono scope di saggina a poco prezzo vengono minacciati di morte mediante la pratica, arcaica e orribile, della testa nella lavatrice.

I TOPI Alcuni dei grossi ratti che si pasciono nei cassonetti potrebbero essere addestrati al riordino dei rifiuti, evitando che fuoriescano e mantenendoli uniti e compatti. È uno studio dell’Associazione Cani da Pastore, che ha tentato (pare con successo) di istruire un gruppo di ratti da cassonetto con le stesse modalità dei cani da gregge. L’istinto a tenere unita la massa dei rifiuti, proteggendola da eventuali predatori, è molto simile a quello di un Border Collie con le sue pecore. La sola controindicazione è che spesso i ratti, molto compresi nel loro ruolo di custodi dei rifiuti, attaccano i passanti e anche gli uomini della Nettezza Urbana.

IL CONTAGIO Gli esperti sono convinti che, se l’operazione Roma Pulita dovesse realizzarsi almeno in piccola parte, un benefico contagio trasformerebbe nel profondo la capitale. Qualcuno sostiene addirittura che la coda per i taxi alla Stazione Termini potrebbe essere indicata da cartelli e disciplinata da apposite strutture, dette “transenne”, che in alcuni paesi molto progrediti vengono utilizzate per trasformare una folla scomposta e vociante in una fila ordinata che attende disciplinatamente il proprio turno. Secondo altri il tassista in pantaloncini corti che su una Ritmo del ’92 con le sospensioni sfondate ti accoglie dicendoti “a ’ndo vai, bello?” e saputa la destinazione ti dice che lui abita dall’altra parte della città, sta smontando di turno e non ti può portare, verrebbe recluso in un campo di rieducazione e avviato a mestieri più consoni, per esempio il pastore nei presepi viventi.

04 agosto 2015

Una corretta informazione

6 Set

Quella cui abbiamo diritto noi cittadini, prima ancora che lettori. E’ un discorso che si sente sempre più spesso  ma che lascia indifferenti – pare – direttori e redazioni. Eppure nel mondo occidentale la credibilità della carta stampata si riduce sempre più e uno dei motivi è rappresentato dalla sfiducia dei lettori, come recentemente accertato all’International Journalism Festival. Ne è passato di tempo, insomma, da quando Lamberto Sechi predicava “i fatti separati dalle opinioni” e lo dimostrava ogni settimana su Panorama. Il che non voleva dire che il giornalista non avesse diritto a dire la sua, ma prima doveva assolvere il suo dovere e cioè raccontare, con obbiettività, i fatti.

Marino tegola

Prendiamo come esempio questo pezzo di oggi su Repubblica. Il titolo urla che Marino è indagato per truffa. Faccenda pesantina, vero? Gli avversari di Marino già si fregano le mani. Però subito dopo – nell’occhiello e quindi meno meno visibile – il ripensamento: “Atto dovuto dei pm sull’onlus, possibile archiviazione.  Nel testo poi, proprio all’inizio, ci continua a sfumare: l’accusa “però potrebbe cadere nel vuoto” e si commenta  “Un’indagine che si potrebbe presto chiudere con un’archiviazione“.  Proseguendo, l’articolo ribadisce che “L’iscrizione sarebbe un atto dovuto per consentire alcuni accertamenti tecnici e potrebbe portare i pm romani a disporre una rapida conclusione delle verifiche a favore del sindaco. Quindi l’archiviazione.” e ricorda che si tratta di “Un’accusa che era stata utilizzata da Alemanno per screditare l’avversario e chiederne il ritiro dalla sfida” al tempo delle elezioni comunali, nel 2013.

tegola marino 3

Occorre ora aggiungere  un particolare non di poco conto.  Questa è l’edizione on line.  Ma sull’edizione cartacea c’è dell’altro, misteriosamente omesso sulla prima e precisamente il sunto del comunicato stampa che il legale di Marino ha diffuso ieri subito dopo la notizia, riportato in chiusura dell’articolo. Lo trovate qui accanto e chiarisce molte cose, non solo il fatto in sé. In altre parole, Marino e l’onlus Imagine che presiedeva sono parte lesa e non c’entrano nulla.

A questo punto viene naturale domandarsi: e questa sarebbe l’informazione obbiettiva e corretta, dovere di ogni giornalista che si rispetti? E, ripensando alla serie di attacchi più o meno malevoli che Repubblica lancia regolarmente da un anno a questa parte (ricordiamo tutti  il ridicolo caso della Panda rossa, vero?), c’è un solo motivo per cui una testata stimata e autorevole ha assunto questa posizione contro il sindaco? O ce n’è più d’uno? E quali, di grazia?

Intendiamoci, qui non si intende difendere a spada tratta Marino. Sono un suo sostenitore, ma non un fanatico tifoso. Ha fatto i suoi errori ed altri ne farà (per esempio, sono d’accordo con questo pezzo di Gilioli), come capita a tutti gli esseri umani, ma lo sconvolgimento che ha portato nel sistema consociativo della politica romana e l’aver scoperchiato il vaso di Pandora della rete di collusioni, complicità, intrighi che avvolgeva il Comune è un merito che gli va riconosciuto, oltre a quello di aver riportato una ventata d’aria pulita in un ambiente malsano. Ma a Repubblica questo sembra  importare poco, molto meglio il titolo a sensazione. Che peccato.
Per Repubblica, intendo, che perde lettori.

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Aggiornamento del 7.9. Mi viene fatto notare che nell’articolo dell’edizione on-ine il periodo finale relativo alle dichiarazioni del legale di Marino ora c’è. Ne prendo atto con piacere.

Marino non c’entra, Roma fa Schifo da almeno trent’anni

4 Set

pensiline danneggiateIl titolo non è mio ma illustra perfettamente la foto pubblicata qui a lato. Per quale ragione le pensiline appena riparate sono state subito danneggiate? La risposta è semplice e non si limita alla diagnosi “vandalismo”: perché manca – non solo a Roma, intendiamoci – il rispetto per la cosa pubblica, di tutti. Che non è un sentimento che nasce dall’oggi al domani, ma il risultato di un lungo percorso fatto di educazione e di sanzioni, a scuola e in famiglia. fin da piccoli. E che con l’andar del tempo produce un altro danno grave e irreversibile. l’assenza di senso del dovere, per cui (ma sono solo esempi minimi), il netturbino spazza di malavoglia, il vigile chiude un occhio sull’auto in doppia fila, l’impiegato si dà per malato dopo uno starnuto, si lasciano i materassi vecchi per strada (invece di chiamare l’AMA che lo ritira gratis).
Ma sto divagando.
Il titolo appartiene ad una recente intervista de Linkiesta a Massimiliano Tonelli, il principale animatore del sito Romafaschifo, un sito che non fa sconti a nessuno, all’amministrazione comunale come agli stessi romani.  Nell’intervista di Marco Sarti (riportata  integralmente più sotto, con i miei neretti nelle risposte di Tonelli) c’è un passaggio illuminante che dedico ai tanti detrattori della giunta Marino e fa giustizia di tante critiche interessate, spesso alimentate dalle interessate e acide cronache di giornali locali: «Adesso va di moda scoprire il degrado di questa città, ma la situazione è la stessa da almeno 35 anni» spiega Tonelli. «C’è solo una novità. All’estero hanno iniziato ad accorgersi delle assurdità che per noi ormai sono diventate normali».

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«Marino non c’entra, Roma fa Schifo da almeno trent’anni»

Parla Massimiliano Tonelli, del noto blog. «I romani sono i principali responsabili. Noi denunciamo, ci attaccano sia i centri sociali che CasaPound»
Prima del New York Times c’era il sito Roma fa schifo. Mentre il mondo scopre il degrado della Capitale d’Italia, esiste un blog che da anni racconta il declino romano. In città è diventato un punto di riferimento. Descrive il dramma dei parcheggi in terza fila e il malaffare dei cartelloni abusivi. Se la prende con i disservizi del trasporto pubblico e con la criminalità dietro la gestione dei rifiuti. Raccoglie fotografie e segnalazioni dei lettori, denuncia e pubblica online. Molti romani lo apprezzano, altri lo detestano. Massimiliano Tonelli è uno dei fondatori. Spesso al centro delle polemiche – non di rado in tribunale per difendersi da qualche richiesta danni – nel giro di una decina d’anni ha conquistato l’attenzione di molti concittadini. Ma anche dei principali giornali stranieri. Recentemente Roma fa Schifo è finito sul Telegraph, Der Spiegel,Bloomberg, il New York Times. Un sito apolitico, per sua stessa ammissione. «Tanto che ci attaccano sia i centri sociali che Casapound». Ma soprattutto un blog politicamente scorretto. Capace di criticare l’amministrazione locale e le responsabilità dei cittadini romani. «Adesso va di moda scoprire il degrado di questa città, ma la situazione è la stessa da almeno 35 anni» spiega Tonelli. «C’è solo una novità. All’estero hanno iniziato ad accorgersi delle assurdità che per noi ormai sono diventate normali».
  • Tonelli, quando inizia il lavoro di Roma fa Schifo? 
    Abbiamo cominciato verso la fine del 2007, dando vita a una piattaforma di diversi blog. Roma fa schifo è nato nel 2008. Mi piace ricordare anche Cartellopoli, un sito che dal 2010 ha dichiarato guerra allo scandalo della cartellonistica in città. Non si tratta di testate giornalistiche, ma di bacheche aperte al pubblico per raccogliere denunce e sfoghi. Io sono uno dei fondatori e dei gestori dei blog.
  • Il blog non gira attorno alle parole. Avete pubblicato immagini di gente che consuma prestazioni sessuali in strada, scene di degrado anche forti…
    Abbiamo uno stile aggressivo, certo. Giustificato dalla gravità della situazione. Già il nome, Roma fa Schifo, è abbastanza esplicito. Serve per rispondere all’atteggiamento del romano medio, sempre pronto a dire che i problemi sono altri. Il nostro approccio finisce per scatenare le reazioni di chi si sente attaccato. Siamo apolitici, e questo fa impazzire molti lettori. Non capiscono. Ogni volta mi chiedono “Ma chi vi paga? A chi fate riferimento?”. Si pensa sempre che dietro una notizia ci debba essere l’interesse di qualcuno. E la colpa è di un giornalismo locale scadente.
  • Molti lettori se la prendono anche quando paragonate la città con Napoli e Milano. E il confronto è quasi sempre impietoso.
    Questa è una strategia che adottiamo da tempo. Milano e Napoli sono due città che il tipico romano ha sempre stigmatizzato: una fredda, l’altra degradata. Quando gli fai vedere che, se paragonate con Roma, la prima è tutt’altro che brutta e la seconda tutt’altro che disorganizzata, la gente va fuori di testa. Ma il nostro obiettivo è aprire gli occhi alle persone. Anche in maniera aggressiva, comunicativamente parlando. E la scorciatoia più rapida è proprio fare confronti. I nostri lettori ormai si sono abituati: quando vanno all’estero ci mandano decine di fotografie sui servizi di trasporto e la pulizia della strade. E anche Budapest e Bucarest ormai sono più efficienti di Roma.
  • Spesso criticate l’atteggiamento del romano medio, talvolta menefreghista e irrispettoso delle regole. Questo vi attira altre critiche.
    Quando una città si trova nella nostra situazione ci sono molti colpevoli. E i romani, con il loro atteggiamento, sono grandi responsabili. Anche questo approccio ci differenzia da tutte le altre realtà giornalistiche della città. Difficilmente i quotidiani locali se la prendono con i propri lettori.
  • Parliamo di Roma. La città è pronta ad accogliere il Giubileo? 
    Questa città non è pronta a organizzare nessun evento internazionale. Men che meno il Giubileo che inizierà tra quattro mesi. Un appuntamento che non ha avuto alcun supporto da parte del governo, e la cosa è abbastanza vergognosa.
  • Roma fa Schifo denuncia il degrado della città, ma spesso difende il suo sindaco. Siete rimasti in pochi. 
    Il blog attacca l’amministrazione cittadina, che del resto è davvero poco difendibile. Ma ci sono state chiare prese di posizione a favore della discontinuità che questo sindaco, volente o nolente, ha rappresentato rispetto al passato. E non mi riferiscono solo alla gestione di Gianni Alemanno, ma agli ultimi 40 anni. Forse Marino l’ha fatto apposta, forse non se n’è reso conto, ma bisogna riconoscere che dopo molto tempo alcune situazioni si sono sbloccate. Penso alla discarica di Malagrotta, alla pedonalizzazione dei Fori, ma anche ad alcune scelte amministrative che hanno interessato le lobby cittadine. Sono le stesse scelte che Marino ha pagato in termini di popolarità – perché non sono state raccontate bene ai cittadini – e nei suoi rapporti politici. Parliamo di business da centinaia di milioni l’anno, come la cartellonistica o le bancarelle. Realtà su cui la politica romana, a partire dal Partito democratico, campa da trent’anni.
  • Chi segue il vostro blog?
    La schiacciante maggioranza dei nostri utenti sono romani. Molti di loro ci seguono dall’estero, magari hanno lasciato l’Italia da qualche anno e sono curiosi di sapere come vanno le cose. Abbiamo 14mila contatti al giorno, 90mila fan su Facebook e oltre 35mila followers su Twitter. Sono numeri importanti, considerando che dietro questo blog ci sono solo pochi volontari. Ma quello che mi stupisce di più è l’attenzione internazionale. Ho appena terminato un’intervista conFrance Press, qualche giorno fa ci hanno dedicato uno spazio Bloomberg, Der Spiegel, la televisione pubblica austriaca (In questi giorni il blog di Roma fa Schifo era citato anche dal Telegraph e dal New York Times, ndr) . Siamo percepiti molto più all’estero che in Italia, chissà perché…
  • Tanti riconoscimenti e qualche grana. Per il vostro lavoro avete mai ricevuto minacce o querele?
    Qualche tempo fa sono stato condannato a nove mesi di reclusione per istigazione a delinquere. Avevamo pubblicato alcune immagini di cartelloni pubblicitari, dove qualcuno aveva scritto con la vernice “abusivi”. E il blog, sostanzialmente, aveva applaudito all’anonima iniziativa. Più recentemente sono stato condannato per diffamazione. Il blog “degrado Esquilino” ha pubblicato eloquenti immagini degli imbrattamenti di Casapound, accogliendo lo sfogo di un lettore. La denuncia però me la sono presa io, che non sono il direttore ma ci metto la faccia. A fronte di una richiesta di mesi di galera, il giudice ha disposto una multa di mille euro. E poi ci sono stati gli attacchi dei centri sociali, del mondo delle occupazioni. Sono arrivati a reagire alle nostre denunce con un dossieraggio di stampo camorristico. Un articolo anonimo, completamente inventato, in cui ci accusavano di essere l’ufficio stampa del consorzio metro C. Altrove si chiama macchina del fango. Senza contare tutte le volte che ci danno dei fascisti. Curioso, non crede? Siamo gli unici fascisti querelati da CasaPound.
  • L’attore Alessandro Gassmann ha lanciato un’idea. Un invito a tutti i romani per scendere in strada, rimboccarsi le maniche, prendere una scopa e contribuire a combattere il degrado. Voi siete d’accordo?
    Gassmann ha fatto come centinaia di migliaia di altri cittadini. Si è accorto che la città vive nel degrado. È una reazione positiva, sicuramente tardiva. Invece di lanciare una sua crociata poteva fare pubblicità a chi da anni pulisce volontariamente la città, Retake Roma. Un movimento che lo fa bene e ha un enorme bisogno di pubblicità…  Accorgersi del degrado di Roma è una moda un po’ recente. Eppure la situazione è la stessa da almeno 35 anni. Si peggiora lentamente, ma non ci sono grandi novità rispetto a prima. L’unica differenza è che all’estero hanno scoperto le assurdità che per noi ormai sono diventate normali.
  • Eppure in città non tutti sono d’accordo con l’iniziativa Retake. Qualcuno dice: “Se pago le tasse, perché devo farmi anche carico della pulizia delle strade?”
    In linea teorica è una posizione corretta. Dopotutto qui paghiamo le tasse più alte d’Europa. Ma anche un’azione simbolica può essere importante. Ogni tanto porto mia figlia a qualche evento Retake, sono esperienze che cambiano le prospettive. Le faccio un esempio: gli adesivi dei traslocatori attaccati a migliaia su tutti i cassonetti e le serrande della città, non ci sono da nessuna altra parte del mondo. È un malcostume tutto romano. Ma se nasci in questa città e nessuno ti fa notare che è una cosa sbagliata, neppure te ne accorgi. Sono piccole cose, che nascondono problemi anche più grandi. In pochi sanno che dietro questo business spesso si nascondono le ecomafie.
  • Tra i critici di Roma Fa Schifo c’è chi vi accusa di lamentarvi molto, ma di presentare poche proposte.
    Non è vero, abbiamo un blog pieno di ricette. Sulla mobilità, sulla gestione dei parcheggi, sui rifiuti, È facile leggere un articolo di denuncia e dire che pensiamo solo a lamentarci, ma non è così. Solo pochi giorni fa abbiamo pubblicato dieci suggerimenti per il nuovo assessore alla mobilità. Ci hanno chiamato dal Campidoglio per chiedere consigli sulla figura da scegliere…
  • Al netto del degrado, secondo lei Roma ha ancora qualche speranza?
    La speranza è pochissima, questa città da sola non ce la può fare. Ha bisogno dell’aiuto dello Stato. Con una legislazione innovativa e adeguata si possono risolvere i problemi in pochi anni. Ma con le leggi attuali non si può. Con queste leggi non si riesce nemmeno a fermare l’esercito di scippatori nelle stazioni della metropolitana, perché sono minorenni. Serve una presa di coscienza del problema a livello nazionale, la vedo dura. Altrimenti qualsiasi sindaco arriverà, si ritroverà nelle stesse condizioni di Ignazio Marino e di Gianni Alemanno prima di lui.

C’è pietà e pietà

3 Set

Tutti i media hanno fatto a gara pubblicando le immagini crude e brutali del piccolo siriano morto che il soldato turco ha raccolto pietosamente sulla spiaggia di Bokum dopo che il corpicino è stato restituito dal mare. La Rete è piena di foto di questo genere, cadaveri che galleggiano nel Mediterraneo tra le povere cose o spiaggiati su qualche riva che speravano di raggiungere per sfuggire agli orrori della guerra e delle persecuzioni. Non le posso sopportare, mi disgusta la speculazione sui sentimenti di cui si approfitta, la falsa pietà di cui tentano di ammantarsi.
Io preferisco di gran lunga questa foto.

Sandra Tsiligeridu
Una signora greca in vacanza a Kos con la famiglia ha appena salvato un profugo in mare da 13 ore e lo stringe a sé commossa per riscaldarlo.
Questa è pietà. Non il sensazionalismo ipocrita, idiota e indecente delle foto choc.

Civiltà

1 Set

Qualche volta la civiltà è fare un passo indietro e tornare ai vecchi modi di comunicare. 🙂

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