Mi pare il minimo della correttezza, alla vigilia delle votazioni nei circoli per la determinazione dei candidati alla segreteria nazionale del Pd, che io esprima la mia posizione ai pochi affezionati che generosamente seguono questo blog. Ecco qua.
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Darò il mio voto a Civati al congresso del mio circolo di Ponte Milvio, sabato.
E lo farò con piena convinzione, non affascinato da slogan televisivi o parlantine sciolte. Perché, anche se non è possibile sapere per quale degli altri candidati voteranno i signori delle tessere e quei 101, so con certezza che tutti costoro non voteranno per lui e ne sono lieto. Lo sostengono invece Sandra Zampa, Laura Puppato, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci, Corradino Mineo, Felice Casson, persone di cui non c’è bisogno di raccontare la tensione morale e la passione, parlamentari che hanno il senso del dovere come spina dorsale. Così come lo appoggiano virtuosi anche se poco conosciuti amministratori locali, donne e uomini che gestiscono le loro comunità con intelligenza e altruismo realizzando progetti sani e avanzati per l’energia pulita, per i rifiuti, per ridurre le tasse, per gli asili, l’istruzione, l’assistenza ad anziani e disabili.
Voterò Civati perché non ha mai avuto vergogna o paura di dichiararsi di sinistra, per la sua coerenza, la disponibilità all’ascolto come al dialogo, l’umiltà, il coraggio di difendere le sue idee, costi quel che costi. Ci vuole coraggio ad essere indipendenti in un partito dove impera l’apparato delle correnti e prosperano gli accordi in stanze segrete, dove notabili inamovibili giustificano errori madornali o strategie improbabili con lo stato di necessità. Civati, perché si raffronta quotidianamente non con la gente, ma con le persone, perché in anni di paziente lavoro ha saputo costruire un collettivo pensante, non obbediente, perché non ha mai fatto parte di quella dirigenza che da quando è nato il Pd si è riempita la bocca dei suoi ideali ma non è stata capace di metterli in pratica (o non ha voluto?) e se ne ricorda solo al momento opportuno. Quella stessa dirigenza che ha perso il contatto col suo elettorato, legata ai tatticismi, alla fedeltà per convenienza, alle visioni dell’oggi, inseguendo perfino miraggi di alleanze improponibili pur di mantenere il potere, giungendo fatalmente, infine, ad uno scollamento con la realtà e così consegnando milioni di elettori furiosi e disgustati al primo capopopolo di passaggio.
Voterò per Civati perché apprezzo gli utopisti e non amo i realisti dalla vista corta, quelli che saltano sul carro di chi, affrettatamente, è stato individuato come vincente (e poi, s’è mai visto un realista che non sia arrivato là dove gli utopisti erano già stati molto tempo prima?). Quegli stessi realisti che pensano di vincere accaparrandosi i voti della destra, preferendo l’opportunità alla coerenza, invece di andare a recuperare i delusi e gli indignati convincendoli che un’altra politica esiste, se è un mezzo per diffondere il potere e non per requisirlo. Civati, perché ha votato contro questo governo che è solo di intese e nel quale non ci riconosciamo, perché ha chiesto il Congresso del Pd all’indomani stesso dell’amara risposta delle urne, perché gli F35 non sono una primaria necessità in un’Italia che comincia a mancare di tutto, perché pretende – come tutti gli elettori – una nuova legge elettorale, il cui progetto è insabbiato al Senato e presidiato da persone fedeli che non lo faranno riemergere fin quando non sarà raggiunto l’accordo più conveniente (non per gli elettori, cosa avevate capito?). Perché vuole il rilancio dei circoli, la vera anima pulsante di questo partito, mortificati e umiliati per anni, vuole metterli in Rete, chiede per essi risorse affinché siano i luoghi del dialogo con la società, perché sia la loro voce a indicare strade e percorsi e siano coinvolti nelle decisioni cruciali con consultazioni periodiche di iscritti ed elettori, perché solo questa è la vera partecipazione.
Civati, perché la sua chiara visione di economia positiva si basa sulla centralità del lavoro e sul sostegno alle imprese per avviare la ripresa. Perché la Costituzione va applicata prima di dire che è superata, l’art. 138 non si deve toccare e le riforme possono riguardare solo il numero dei parlamentari e il superamento del sistema bicamerale, ma no, no al semipresidenzialismo. Perché è giunta l’ora che i diritti civili non restino un’espressione: vogliamo, subito, ius soli, abolizione della Bossi-Fini, testamento biologico, revisione della legge 40, unioni civili. La legge 194 non può essere elusa, occorre subito una legge sul conflitto di interessi e scatenare una guerra senza quartiere alla corruzione. E poi basta col consumo di suolo, serve edilizia di qualità, il referendum sull’acqua deve avere attuazione, occorre urgentemente un piano nazionale per l’energia pulita. Civati, perché la cultura è il primo patrimonio di una nazione: la scuola dev’essere il primo gradino dell’emancipazione dei futuri cittadini, il diritto allo studio è un’esigenza vitale, l’Università va riqualificata, la ricerca deve essere sostenuta e premiata.
Voterò per Civati perché sostiene che l’Europa deve evolvere da governo politico a sistema di governo economico e che l’approdo europeo del Pd è nel PSE.
Ma soprattutto, e infine, perché Civati è più di una possibilità, più di una speranza, è la vera, sincera, caparbia volontà di cambiare e renderci, tutti, migliori, consapevoli della gravità del momento ma uniti.
E non è poco.
Tag:8 dicembre, Civati, Partito democratico, Pippo Civati, segretario Pd
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