Care Sardine,
devo riconoscere che ho un debito con voi e voglio ringraziarvi pubblicamente.
Mi avete fatto constatare che, nonostante tutto e l’età, ho fatto bene a non rassegnarmi, a continuare a indignarmi ed agire, a pensare e sperare che qualcosa sarebbe successo, che non si poteva continuare così, che prima o poi qualcuno si sarebbe alzato in piedi e avrebbe gridato: “Ehi, ma cosa state facendo?” a quelli che stavano rubando perfino le ultime briciole del vostro domani di giovani.
Quelli, i potenti e le caste in cui si sono raccolti, credevano che dopo avervi somministrato la quotidiana dose di favole e bugie vi sareste accontentati di qualche boccone di concessioni, mentre avrebbero continuato indisturbati come squali a nuotare nei loro interessi e nei privilegi che si sono attribuiti e a saccheggiare barbaramente il vostro futuro, Quelli che credevano di avervi narcotizzato a vita con facebook, con le playstation, con Amici, con i jeans firmati. Quelli che credevano che identificandovi come la generazione post-ideologica non avreste più potuto essere contaminati da ideali che speravano archiviati, dimenticando pericolose parole come ‘dignità’, ‘solidarietà’, ‘legalità’, roba da facinorosi sovversivi del secolo scorso. Quelli che pensavano di avervi soddisfatto concedendovi diritti da loro stessi delimitati in precedenza, dimenticando che i diritti dei giovani non hanno confini, sono tutto e sono di tutti.
Loro non sapevano e non avrebbero potuto mai capire che la sete di sapere, di essere migliori, di futuro, di felicità del dare (tutto quello cui loro hanno rinunciato in nome del più turpe potere) è qualcosa che anima ogni individuo al di là di sé stesso: non avrebbero mai immaginato le piazze piene della gente che crede in voi, che traboccano di emozioni, di canti, di energie e commozione. Loro credevano, dopo avervi marchiato per sempre come la generazione che sa solo rassegnarsi o fuggire, credevano – non sapevano – che reagire quando non c’è più nulla da perdere fosse un’illusione, non un riscatto. Perché loro hanno avuto, cioè no, si sono presi tutto in tutti i modi possibili e vogliono ancora di più, vogliono dominare il vostro domani con regole che appartengono solo alla loro convenienza. Loro, quella minoranza legata da una reciproca intesa che punta all’impunità per sempre, credevano che mai adolescenti e giovani avrebbero avuto l’intelligenza per capire che ora o mai più, ora e prima che si possa diventare come loro, ottusi e ciechi, chiusi nei loro palazzi fatti di egoismo, di avidità, di sete di potere.
Credevano insomma che, mantenendovi nell’apparente sicurezza di un mondo colorato fatto di promesse, sogni e ignoranza, non avreste ugualmente imparato, non avreste conosciuto le lezioni della storia, non avreste avvertito le sollecitazioni che nascono dal diritto di ognuno a determinare il proprio futuro, del senso del dovere che pervade ogni essere umano, del diritto al perseguimento della felicità, come invece insegnano secoli e secoli di storia dell’umanità. Pensavano che il dettato della Costituzione repubblicana non avrebbe potuto contagiarvi, che non vi sarebbe mai passata per le mente l’dea di una Politica con la P maiuscola, intesa come bene di tutti.
Loro credevano tutto questo. Ma ora sono davanti alle loro responsabilità, sono loro a non avere un futuro. Non sanno che la vostra allegria, il vostro entusiasmo, la vostra fantasia li seppelliranno. In tanti siamo con voi, siamo molti di più di quanti noi stessi immaginiamo, siamo la maggioranza che vuole un’Italia migliore, che non vuole più vergognarsi quando si parla con uno straniero. Fategli rimangiare la loro arroganza, la loro presunzione, la loro prepotenza. Ragazzi miei, mandateli via.
Voi, i liberi cittadini di cui questa Italia è orgogliosa, avete il diritto – e prima ancora il dovere – di esigere tutti i vostri diritti. Ora.
P.s. Ci vediamo il 14 dicembre a piazza san Giovanni.
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