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La mia quarantena (7)

20 Apr

Facendo i conti ho realizzato che ormai devo parlare di cinquantena. E mi sto rapidamente avviando verso la decina successiva.

Ieri si è impallato il decoder di SKY. Un piccolo dramma, risolto in parte col ricorso al solo digitale. Ci sono state però due conseguenze: la prima è che mi sono improvvisamente reso conto che perfino io, che guardo poco la tv, ho avvertito un irragionevole senso di ingiusta privazione e mi sono chiesto quanto tempo della nostra vita occupa la televisione.
L’altra è che mi è tornata alla memoria una grande battuta di Eduardo in non so quale commedia.

Eduardo è a casa e squilla il telefono.
“Buongiorno signor De Filippo, qui è la televisione.”
“Un attimo le passo subito il frigorifero.”

Dopo, ce ne ricorderemo? Ricorderemo il sacrificio di quanti – mentre noi, in forzata clausura sì, ma tuttavia comodi nelle nostre case – hanno vegliato sulla nostra salute, sulla sicurezza, sugli indispensabili servizi? 
A medici e sanitari, forze dell’ordine, addetti alle consegne, riders, commessi dei supermercati, farmacisti, a tutti coloro che si sono impegnati nella lotta  dedico la struggente esibizione della violinista Lena Yokoyama. 

C’è una connessione – positiva, per fortuna – tra Coronavirus e razzismo. In questo splendido, commovente video del Guardian  dal titolo “Ora mi applaudi” vediamo una serie di ritratti di immigrati che nell’emergenza si sono spesi con generosità e senza sosta. E la domanda finale è ‘te ne ricorderai?’ 

#cenericorderemo

La mia quarantena (2)

22 Mar


Ieri sera, poco prima di mezzanotte, Conte ha dato l’annuncio in diretta tv della chiusura totale di tutte le attività produttive in Italia. Resteranno aperte solo quelle strategiche e supermercati, farmacie, negozi di alimentari, edicole e tabaccai. 

Era un passo atteso, obbligato, dopo l’impennarsi della curva dei contagiati e, peggio, anche di quella dolorosa dei decessi.
Non sono rimasto particolarmente colpito dal provvedimento, pur estremo: come tanti italiani l’avevo atteso perché assolutamente necessario per contrastare la diffusione del virus isolandolo. Aggiungo che a  questa mia serena accettazione ha certamente contribuito l’atteggiamento di Conte. Non sono mai stato un suo fan e ancora mi chiedo quale gioco del destino lo abbia portato a rivestire il ruolo di capo del governo. Ma devo ammettere che il suo modo di gestire la situazione va apprezzato senza riserve, anche perché non vedo chi altri al suo posto avrebbe avuto la stessa determinazione accompagnata da uno stile che favorisce la coesione. 
Sarà perché non è un politico di professione e non è alla ricerca di facili consensi, ma parla chiaro, senza fumosi giri di parole e il tono pacato e sincero contribuisce a creare in chi ascolta una serena consapevolezza. 
Buon lavoro Presidente, e auguri a tutti noi.
#Uniticelafaremo

Ieri è morto Gianni Mura. Mi dispiace davvero. Senza essere un fanatico dello sport seguivo da anni le sue cronache e le rubriche, da ‘Sette giorni di cattivi pensieri’ fino a ‘Mangia e bevi’ sul Venerdì di Repubblica. Era un uomo di una impressionante cultura che svariava dalle canzonette ai classici latini e scriveva con uno stile affascinante, con una straordinaria padronanza della lingua italiana con cui poteva anche permettersi di giocare dimostrando uno spirito e un’ironia fuori dal comune: ‘Spassaparola’ era una rubrica nell’ultima pagina di Repubblica dove ogni giorno appariva una definizione. Quella di ieri, l’ultima: “Fascia: striscia tagliente di tessuto”.
Nell’edizione di oggi al suo posto c’è un riquadro bianco: è il vuoto che ci lascia.

La mia quarantena (1)

21 Mar

Ieri, prendendo spunto dall’idea di un’amica, ho pensato di iniziare il mio diario della quarantena.
Due cose mi sono subito venute in mente. La prima è che il giorno dopo (cioè oggi, 21 marzo) sarebbe iniziata la primavera. Forse, presi dalle ansie legate al dramma che stiamo vivendo non ne siamo consapevoli, o ce ne frega poco, ma in entrambi i casi sbaglieremmo. Perchè è pur vero che l’emergenza occupa buona parte dei nostri pensieri, ma non possiamo cessare di pensare al futuro, quando tutto questo finirà. Quindi salutiamo l’arrivo della bella stagione dopo i grigiori dell’inverno: come nella vita, dopo una tristezza bisogna guardare avanti e in positivo.
La seconda è che oggi si festeggia anche la giornata mondiale della poesia e il ventesimo anniversario da quando fu celebrata per la prima volta. È il giorno in cui si festeggiano i poeti, cioè quegli strani personaggi che le emozioni sanno trasmetterle scrivendo senza raccontare una storia, le sanno mettere nero su bianco, e tutto questo solo per amore del bello e non solo per sè stessi.
Quindi pensate al bello che vi circonda: ce n’è ovunque, dal gesto affettuoso di una persona cara a un fiore che sta spuntando sul balcone. Leggetevi una poesia di Emily Dickinson, per esempio, e pensate al bello e al domani, pensate a un futuro migliore libero dalle tetraggini e dai pensieri oscuri dell’oggi. Vi farà bene e, credetemi, si può fare.
Modesta riflessione. Avete notato che c’è più gentilezza in giro? Non datemi dell’ottimista a oltranza, riflettete sui piccoli (più che su quelli grandi) gesti di cortesia e solidarietà che si registrano. La cassiera del supermercato con la mascherina che vi sorride con gli occhi, il vicino che telefona per sapere come state, le auto che ora si fermano (incredibile!) per farvi passare quando attraversate la strada. Io credo che stiamo ritrovando un po’ di quell’umanità che i tempi convulsi ed egoisti di ieri ci hanno fatto perdere. E che dovremo mantenere, se vorremo cogliere l’occasione per ritrovare noi stessi in un mondo migliore. Almeno un po’.

La Storia siamo noi

16 Feb

La Storia

La Storia siamo noi
Nessuno si senta offeso
Siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo
La Storia siamo noi 
Attenzione
Nessuno si senta escluso
La Storia siamo noi
Siamo noi queste onde nel mare
Questo rumore che rompe il silenzio
Questo silenzio così duro da raccontare
E poi ti dicono tutti sono uguali
Tutti rubano nella stessa maniera
Ma è solo un modo per convincerti
A restare chiuso dentro casa quando viene la sera
Però la Storia non si ferma davvero
Davanti a un portone
La Storia entra dentro le nostre stanze
E le brucia
La Storia dà torto o dà ragione
La Storia siamo noi
Siamo noi che scriviamo le lettere
Siamo noi che abbiamo tutto da vincere
O tutto da perdere
Poi la gente
Perché è la gente che fa la Storia
Quando si tratta di scegliere
E di andare te la ritrovi
Tutta con gli occhi aperti
Che sanno benissimo cosa fare
Quelli che hanno letto un milione di libri
Insieme a quelli che non sanno nemmeno parlare
Ed è per questo che la Storia dà i brividi
Perché nessuno la può cambiare
La Storia siamo noi
Siamo noi padri e figli
Siamo noi
Bella ciao
Che partiamo
La Storia non ha nascondigli
La Storia non passa la mano
La Storia siamo noi
Siamo noi questo piatto di grano.

 

Francesco De Gregori – Scacchi e tarocchi – 1985

 

 

 

La prerogativa: da dove viene?

11 Feb

Dal sito Una parola al giorno traggo questa interessante spiegazione sul significato e origine della parola:

Prerogativa

[pre-ro-ga-tì-va]

SIGN Privilegio, diritto; peculiarità, caretteristica distintiva
voce dotta recuperata dal latino [praerogativa], sostantivazione dell’aggettivo [praerogativus] ‘che esprime un parere prima degli altri’, da [prae rogatus] ‘interrogato prima’.

 

Questa parola ci apparecchia dei significati davvero interessanti e utili, ma soprattutto ha un’etimologia sorprendente.

Nell’ordinamento dell’antica Roma la prerogativa era la centuria che, fra i comizi centuriati, votava per prima. Per chi non lo ricordasse, quella dei comizi centuriati fu forse l’assemblea più importante di Roma, dai tempi di re Servio Tullio fino ad Augusto: secondo la logica per cui il cittadino era anche soldato, i cittadini romani erano suddivisi in classi in base al censo, cioè in base alla loro ricchezza; i cittadini delle classi più ricche erano tenuti ad avere (li pagavano di tasca propria) armamenti migliori, e ricoprivano ruoli militari più importanti, mentre quelli delle classi più povere portavano armi più modeste e avevano ruoli più umili – fino ad essere esentati del tutto dal servizio militare. Ciascuna classe si articolava in un certo numero di centurie, gruppi (non necessariamente di cento persone, a dispetto del nome) che, nell’assemblea dei comizi centuriati, esprimevano ciascuno un voto collettivo. Le competenze di quest’assemblea erano di assoluto rilievo, e andavano dall’elezione delle magistrature maggiori, alla votazione sulle leggi, fino anche a funzioni giurisdizionali. Ad ogni modo, nell’assemblea votavano per prime le centurie delle prime classi, in ordine discendente; e fra quelle della prima classe veniva estratta a sorte – e qui chiudiamo il cerchio – la prerogativa, quella che avrebbe votato avanti a tutte le altre. Un voto importante, perché ad esso volentieri si uniformavano i seguenti.

In italiano la prerogativa riemerge nel XIV secolo, indicando un privilegio, un diritto riconosciuto – qual era quello della prerogativa romana – specie attribuito a cariche pubbliche: parliamo della prerogativa regia per cui il Re d’Italia poteva nominare intere infornate di senatori, delle immunità che sono prerogative di capi di Stato, di parlamentari, di diplomatici. Ma possiamo anche parlare di come il più esperto della squadra abbia la prerogativa dell’ultima parola, o della moglie che ha la prerogativa nella scelta del menu. Inoltre – e sempre già dal XIV secolo – la prerogativa prende anche il significato di peculiarità, di caratteristica specifica: non proprio un privilegio, ma comunque qualcosa che distingue. L’abilità straordinaria nel passaggio è una prerogativa del tal giocatore di basket, il celebre accademico ha la prerogativa di una simpatia travolgente, e quel cuoco ha la prerogativa di un estro impareggiabile nella reinterpretazione dei piatti della tradizione.

Una parola delle più suggestive, che a partire da una consistenza storica notevole è stata capace di trovare sbocchi di significato sempre più vivaci.

Scusate il ritardo

9 Feb

Filastrocca di Capodanno

 

Filastrocca di Capodanno:

fammi gli auguri per tutto l’anno.

Voglio un gennaio col sole d’aprile,

un luglio fresco, un marzo gentile;

voglio un giorno senza sera,

voglio un mare senza bufera;

voglio un pane sempre fresco,

sul cipresso il fior del pesco;

che siano amici il gatto e il cane,

che diano latte le fontane.

Se voglio troppo non darmi niente,

dammi una faccia allegra solamente.

Gianni Rodari

La Costituzione tradita

22 Dic

Settant’anni fa, pressappoco in queste ore, l’Assembea Costituente si riuniva sotto la presidenza dell’on. Terracini avendo all’ordine del giorno di quella seduta pomeridiana un solo punto: “Votazione finale  a scrutinio segreto della Costituzione della Repubblica Italiana”.

Sono andato a rileggermi il verbale di quel giorno (è qui) e invito a farlo anche voi. È commovente. Perché nelle parole – ancorché scritte – degli intervenuti si percepisce  l’emozione di quegli attimi come se si fosse presenti. E la sincerità degli accenti, il peso dell’impegno morale e materiale che uomini e donne riuniti in quell’aula sentivano. Quel momento era solo l’inizio di un nuovo percorso per il nostro Paese martoriato che aveva ritrovato a prezzo di enormi sacrifici, angosce, dolori e sangue, la democrazia.

Lo ribadiscono in molti, per primo il Presidente Terracini che dopo l’approvazione afferma: “La Costituzione postula, senza equivoci, le riforme che il popolo italiano, in composta fiducia, rivendica. Mancare all’impegno sarebbe nello stesso tempo e compromettere, forse definitivamente, l’avvenire della Nazione Italiana.” Una dichiarazione ribadita dal Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, che parlò subito dopo: “Il Governo, ora, fatta la Costituzione, ha l’obbligo di attuarla e farla applicare: ne prendiamo solenne impegno.”

Purtroppo non tutti governi che si sono succeduti hanno ricordato quell’impegno. La Costituzione è stata malmenata, accantonata, dimenticata, contrastata. Per buona parte, non è stata attuata. Chi siede oggi nel Parlamento troppo spesso ignora il vincolo che lo lega a quella promessa. A settant’anni dalla sua nascita, ve detto senza mezzi termini che la Costituzione è stata tradita e con essa la fiducia che i cittadini dimostrano con il voto ad ogni tornata elettorale.

 Il 4 dicembre 2016 gli italiani hanno dimostrato ancora una volta la volontà  che la Carta sia rispettata: attuare finalmente e pienamente la Costituzione diventa quindi, per chi andrà a sedere nel prossimo  Parlamento e per chi guiderà il prossimo governo, un ineludibile obbligo morale.

Un viaggio, la vita. Itaca.

3 Gen

Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca

devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d’incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga
che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
tu toccherai terra per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche aromi
penetranti d’ogni sorta, più aromi
inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo,per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Kostantinos Kavafis 

 

 

 

(Alessandria d’Egitto, 29 aprile 1863 – Alessandria d’Egitto, 29 aprile 1933)

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Il viaggio come metafora della vita e la vita come esperienza da assaporare momento per momento. Ognuno di noi – come Ulisse – deve avere un sogno e realizzarlo è importante quanto saper cogliere le opportunità, gustare le gioie e soffrire le avversità che dovremo incontrare. E quand’anche quel sogno dovesse infine deludere, tuttavia avremo conosciuto noi stessi superando i dubbi e timori della gioventù e saremo più ricchi della saggezza raccolta negli anni.

 

 

 

 

Tornare a Castelluccio.

31 Ott

Tornerò a Castelluccio, tornerò a Norcia, ad Amatrice, a Visso, in Valnerina e andrò a visitare Tolentino, Arquata, Ussita e quei meravigliosi paesi della mia bella Italia che non ho ancora visto e che oggi appaiono sfregiati o sepolti dalla cieca violenza della natura. Lo voglio fare, lo devo fare, è un mio imperativo. Perché sono italiano e orgoglioso di esserlo, orgoglioso della storia, della cultura, dell’arte, della civiltà che trasudano dalla mia terra e che nei secoli hanno contaminato beneficamente l’Europa, prima di tutto, e il mondo intero.
Penso di avere una sorta di debito morale verso tutto questo e sento che devo ripagarlo. E sono anche certo che siamo in tanti.

Tu e la banca

5 Feb

J. P. Getty


Se devi 100 dollari alla tua banca, quello è un tuo problema.

Se devi alla tua banca 100 milioni di dollari, allora quello è un prolema della banca.

John Paul Getty, miliardario

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Gli uomini sono nani che camminano sulle spalle dei giganti. E dunque, è giusto citare i giganti.

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(Ovvero Federica e basta)

ASPETTATI IL MEGLIO MENTRE TI PREPARI AL PEGGIO

(Cit. del Generale Aung San, leader della indipendenza birmana)

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