L’Italia come il Messico? I preoccupanti paralleli tra TTIP e NAFTA

1 Lug

Ecco un compito per Renzi nel suo semestre di presidenza della UE: fare chiarezza sul TTIP e salvaguardare la sovranità degli Stati.

Il Transatlantic Trade and Investment Partnership (se ne è già parlato qui e qui) cioè il “Partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti”, è un trattato tra USA e Unione Europea che si sta negoziando da tempo. Non se ne sa nulla – o, comunque, molto poco – in quanto è stato tenuto segreto fin quando hanno cominciato a fuoriuscire informazioni preoccupanti. A questo punto i responsabili della trattativa hanno preferito adottare un tono rassicurante, dichiarando che l’accordo produrrà effetti benefici per le economie di tutti gli interessati; ma non è affatto dimostrato, anzi. Questo è quanto ha anche sostenuto recentemente sul Guardian, l’autorevole quotidiano inglese, George Monbiot: “No longer able to keep this process quiet, the European commission has instead devised a strategy for lying to us” (‘non essendo più in grado di tenere sotto silenzio la cosa, la Commissione Europea ha invece deciso la strategia di mentire’). Monbiot aggiunge, nello stesso articolo aggiornato sul suo sito personale, particolari circa una fuga di notizie dal parlamento europeo.

E che ce ne sia da preoccuparsi emerge sia dai documenti segreti ufficiali che hanno cominciato a vedere la luce, che dai movimenti di protesta che stanno sorgendo ovunque in Europa, che dai commenti di chi, in un modo o nell’altro è coinvolto. L’obbiettivo – come chiarisce il Fatto quotidiano – è di pervenire a un “trattato di libero scambio che vede protagonisti Usa e Unione europea per creare una “free zone” di merci e servizi, non solo rimuovendo i dazi doganali (che sono già bassi, nell’ordine del 2-3%) ma anche superando le cosiddette “barriere non tariffarie”, cioè regolamenti e normative divergenti tra le due sponde dell’Atlantico. In pratica un’armonizzazione per interi settori economici come sicurezza e sanità, servizi pubblici, agricoltura, proprietà intellettuale, energia e materie prime”.

L’articolo così prosegue: “Le trattative sono partite in sordina un anno fa, quando i capi di governo dei ventotto Paesi dell’Unione hanno concesso l’autorizzazione alla Commissione Europea, e tuttora si cerca di mantenerle nell’ombra. Secondo quanto riportato da The Nation la senatrice democrat Elizabeth Warren, critica nei confronti della poca trasparenza del negoziato, ha affermato che “Wall Street, aziende farmaceutiche, telecom, grandi inquinatori stanno sbavando” davanti a questa opportunità, che sta passando sottotraccia per le grandi opposizioni che troverebbe se diventasse di dominio pubblico. Lo dimostrano precedenti come quello del Nafta: l’accordo per il libero scambio stipulato tra Usa, Canada e Messico nel 1992, la cui impostazione si avvicina a quella studiata per il Ttip, non gode di grande popolarità, avendo in vent’anni provocato diversi squilibri per i Paesi coinvolti, tra maggiore concentrazione della ricchezza e riduzione degli stipendi per i lavoratori fino al 20% in alcuni settori”.

In sintesi, l’accordo tende a subordinare la sovranità degli stati agli interessi dei settori commerciali e industriali. Lo spiega bene il Guardian nell’articolo già citato: “l’accordo dovrebbe includere un “meccanismo velenoso chiamato soluzione delle dispute investitori-stato. Quando introdotto forzatamente in altri accordi commerciali, ha consentito alle grandi corporations di citare i governi davanti a collegi arbitrali segreti composti di legali aziendali, che ignorano le corti di giustizia e superano la volontà dei Parlamenti. Questo meccanismo potrebbe minacciare quasi tutti i mezzi mediante i quali i governi cercano di difendere i loro cittadini e la natura. E’ già stato usato dalle compagnie minerarie per citare i governi che tentano di tenerle lontano dalle aree protette; da banche che si oppongono a normative finanziarie; da un’azienda nucleare che contesta la decisione tedesca di cassare per sempre l’energia atomica”.

L’accordo agirebbe in particolare su tre grandi aree: la salute pubblica, l’ambiente e il sociale. Tutte le volte che le leggi di uno stato venissero a minacciare gli interessi e gli investimenti di un’azienda, scatterebbe immediatamente la citazione davanti ai collegi arbitrali nominati più sopra, con quali esiti è facile immaginare. Un esempio clamoroso – uno dei tanti – è dato dalla Philip Morris che ha citato in giudizio l’Australia: nella sua lotta al fumo il governo australiano ha deciso che i pacchetti di sigarette siano anonimi, ma la compagnia USA ha obbiettato che impedendo di mostrare i marchi le è stato procurato un danno con una sensibile perdita di quote di mercato e da qui la citazione.

Insomma, una faccenda seria. E non convince affatto la teoria secondo la quale tutte le parti avrebbero da guadagnare in termini di sviluppo economico. L’esempio è dato dal NAFTA (North American Free Trade Agreement: Accordo nordamericano per il libero scambio). Fu siglato nel 1980 ed era una specie di replica del mercato comune europeo, composto da USA, Canada e Messico.
Uno studio indipendente ha di recente dimostrato inequivocabilmente che, dopo 20 anni , tutti gli indici economici e sociali del Messico, nessuno escluso, erano peggiorati. Cioè, lo Stato più debole tra i tre, quello che avrebbe teoricamente dovuto trarre maggior vantaggio dall’accordo, è stato quello più danneggiato in assoluto e in tutti i principali indicatori, dalla disoccupazione allo sviluppo industriale.

In conclusione, io la vedo così. Ammesso che il TTIP venga siglato e che spinga le grandi multinazionali a investire in Italia, il rischio che la nostra fragile economia venga travolta dal loro strapotere e che il nostro Paese non sia più in grado di difendere gli interessi dei suoi cittadini attraverso le proprie leggi è enorme. Ma la partita è ancora aperta: il nuovo Parlamento europeo che inizia proprio oggi ha tutte le armi e gli argomenti per condurre la negoziazione in modo da difendere e ribadire la sovranità degli stati e dei cittadini di fronte a qualsiai accordo commerciale.

Tutti i migliori auguri di buon lavoro, quindi, al Presidente Renzi.

http://corporateeurope.org/trade/2013/11/leaked-european-commission-pr-strategy-communicating-ttip

 

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